Regia di King Vidor vedi scheda film
Uno scrittore fallito e pieno di debiti (Gary Cooper) si ritira in campagna, nella villa di famiglia. Poco dopo la moglie, stancatasi, torna a New York da sola. Lui viene conquistato dalla sanguigna vitalità dei vicini polacchi e soprattutto dalla loro figlia (Anna Sten, una graziosa attrice russa che il produttore Samuel Goldwyn cercò inutilmente di trasformare in diva), che però il padre ha già promesso a un connazionale (al povero Ralph Bellamy, con quella faccia, davano sempre ruoli di bellimbusto ottuso). Lo scrittore ritrova la vena e intraprende la stesura di un romanzo autobiografico sul suo nascente amore per la ragazza, che inizia a ricambiarlo. Nascono pettegolezzi, e lei viene costretta a sposare il fidanzato; la sera del matrimonio il neo marito, irritato dalla repulsione della sposina, si scaglia contro lo scrittore e la ragazza rimane uccisa nel tentativo di separarli. Vidor si muove con abilità fra le maglie del codice Hays (l’adulterio viene solo sfiorato, il divorzio viene solo adombrato) e realizza un bel film sui generis: comincia come una commedia, finisce come un melodramma ed è in fondo la delicata storia di un amore platonico. Risulta interessante anche perché anticipa un certo filone recente (esemplificabile, per capirsi, da un titolo come Sognando Beckham): una comunità di emigrati chiusa e tradizionalista si trova a vivere in un paese straniero più evoluto e deve affrontare la voglia di libertà delle sue donne.
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