Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Magico Paul Thomas Anderson. "Licorice pizza" è la migliore commedia di formazione degli ultimi vent'anni, un film apparentemente meno ambizioso rispetto a "Il filo nascosto" o "The master", sicuramente meno intellettuale, più sentito a livello personale, più sincero e sfacciato. Un film che ha il coraggio di inseguire due personaggi insoliti fin dal primo, fatale incontro, nelle loro imprevedibili evoluzioni, nelle svolte di una "non-storia" che procede per accumulo di piccoli episodi, piccole annotazioni impressioniste, un'amicizia che sta sempre ad un passo dal trasformarsi in amore ma non lo diventa, un rapporto non convenzionale tra un quindicenne e una venticinquenne che vogliono in qualche modo "sfondare" e che solo alla fine, dopo un percorso di maturazione interiore, capiscono di avere davvero bisogno l'uno dell'altra. Anderson costruisce un affresco dei favolosi anni Settanta segnato inevitabilmente dalla nostalgia ma in realtà assai critico, pieno di tensioni interne solo apparentemente dissimulate dal prevalente registro scanzonato, dove l'analisi sociologica sta un passo indietro rispetto al meraviglioso romanzo di formazione di Alana e Gary, ma dove comunque spuntano fuori quando meno te lo aspetti l'embargo del petrolio, la corruzione della politica, la difficoltà del melting pot, la fragilità del Sogno Americano nell'era del post-Vietnam. L'approccio narrativo estremamente libero e divagante potrà trarre in inganno gli spettatori meno preparati ma, stando al numero di recensioni entusiastiche che si trovano dappertutto sul web, mi sembra che Anderson abbia colpito ancora una volta in pieno il bersaglio e sia arrivato al cuore dei suoi ammiratori senza inutili forzature e senza deviazioni dal suo percorso autoriale, che ne fa uno dei più importanti artisti in attività nel cinema contemporaneo. Certo, un'opera come "Boogie nights", sempre ambientata negli anni Settanta, rappresentava un affresco più "giovanile" e più impetuoso, oltre che maggiormente in linea con una rappresentazione trasgressiva del periodo, qui sostituita da tinte più tenui e sfumate, da materassi ad acqua e sale da flipper e foto per l'annuario scolastico, da famiglie ebree che non accettano una dichiarazione di ateismo di un possibile candidato alla mano della figlia a una pseudo Lucille Ball che piglia a schiaffi il quindicenne che ha fatto una battuta "sporca" per impressionare Alana Kane, da uno pseudo William Holden al tramonto pesantemente ubriaco che neanche si accorge che la sua Breezy gli è sfuggita dal sellino a un Jon Perers fidanzato della Streisand che fa minacce deliranti al gruppetto di ragazzini venuti a montargli il materasso ad acqua ed obbliga la povera Alana a una fuga al volante di un camion che probabilmente cita Taxi Driver. Su tutto, la suprema coerenza del mondo poetico di PTA, la maestria figurativa di cui dà prova quasi ovunque nei suoi frames che brulicano di vita, grazie a una fotografia curata da lui stesso insieme a Michael Bauman che privilegia accostamenti cromatici morbidi, una tavolozza di raffinata suggestione visiva che batte ai punti gli eccessi di sottolineatura di cui fanno sfoggio tanti suoi colleghi. Alana Haim è una cantante che sotto l'attenta direzione di PTA debutta come protagonista con un'ottima aderenza al personaggio, una sapiente resa dei dialoghi e un'espressività più volte penetrante; Cooper Hoffman è un adolescente buffo, spaesato e innamorato che nel gioco mimico talvolta riporta alla memoria la maestria interpretativa di suo padre Philip Seymour Hoffman, e tra i caratteristi un elogio almeno a Benny Safdie nella parte del politicante ambiguo, mentre Sean Penn e Bradley Cooper fanno due camei di lusso, simpatici e perfino autoironici, ma forse troppo brevi. 3 nomination agli Oscar, successo come al solito non entusiasmante al box office, ottime possibilità di portare a casa la statuetta per la migliore sceneggiatura, un titolo che ha un sapore magico-incantatorio, ma che non ha alcun riferimento concreto all'interno della trama. È un capolavoro o no? Resta una delle poche vere sorprese della stagione, un'opera che per pregnanza di stile e contenuto sta irrimediabilmente avanti a quello che ci propinano registi ormai col fiato corto, che non hanno il coraggio di rischiare su una "romance" asimmetrica fra una venticinquenne bruttarella e un quindicenne timido e brufoloso, che non credono più alla forza dell'emozione come ci crede ancora Paul Thomas Anderson. Voto 9/10
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