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Killers of the Flower Moon

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Killers of the Flower Moon

di kubritch
8 stelle

Ormai, Scorsese si è abbonato ai grandi affreschi epocali definiti da una mission storiografica. Io lo preferisco come occhio acuto e penetrante del caos urbano. Gli utlimi film mi restituiscono una sensazione sgradevole di artificiosità. È tutto troppo pulito, controllato, accademico e didattico. In questo film, quanto meno, ci sono bei tentativi di giocare con le immagini; per esempio, la sintetica sequenza in cui viene descritta la scalata sociale di una famiglia di nativi americani della tribù Osage, grazie alla scoperta di un giacimento petrolofero. Capisco che, ormai, la vita dello storico regista, sia totalmente distaccata dalla base della piramide sociale e anche per l'età non può che affidarsi ad un meticoloso piano di lavoro e a collaboratori ben collaudati. Eppure, sono convinto, che una maggiore dose di suspense hitchcockiana (tipo Suspicion, o Notorious) avrebbe notevolmente giovato alla narrazione. Il pubblico chiede sì di essere informato, ma senza rinunciare alla componente ludica. 

Dopo tutto, è un film che può servire, in senso pedagogico, agli italiani per comprendere come si comportano le autorità cattoliche e i politici che li servono. Il cattolicesimo è la fonte primaria della doppia morale: bontà esibita e trame occulte. Non è tutto complottismo quello che si deduce dai loro reati ampiamente documentati. Come dice Gesù ai suoi seguaci, dove ci sono segreti, ci sono schiavi, perciò, io vi chiamo amici.

Scorsese per smarcarsi, dissociarsi, dall'eventuale accusa di puntare il dito sul sistema cattolico, inserisce il personaggio del cattivo, impersonato dal broncio tipico di Robert De Niro, in un contesto massonico. Ne so poco, ma dal poco che so, non penso affatto che l'introduzione di un nuovo adepto nella massoneria, avvenga nel modo frettoloso ed approssimativo, rappresentato neanche se a volerlo è il gran maestro 33° in grado. Quì si approfitta dell'ignoranza del grande pubblico. Bisogna sapere che la massoneria è la storica antagonista della Chiesa Cattolica; perciò per gli italiani, catechizzati sin dalla culla, è espressione del male, associata al satanismo. Le cose sono un po' più complesse di così. Occorrerebbe interrogarsi, senza paraocchi e pregiudizi di sorta, sulla reale collocazione del male, nella nostra caotica società italiana. Conti che qualche regista in passato si è fatto, ma che da qualche decennio a questa parte, non è più possibile. La Chiesa Cattolica non deve essere messa in discussione mei mezzi di propaganda mainstream, ne va dell'identità nazional -ista. Il papato è autorità morale suprema, intoccabile, tabù. Non avrai altre religioni in Italia, al di fuori della Chiesa, dotate della stessa autorevolezza; è al di sopra di tutto e, soprattutto, delle parti politiche, tutte tendenzialmente conservatrici, o democristianizzate. Buonanotte, signore e signori. 

Altre astuzie narrative si possono rilevare dalla definizione della donna indigena che affianca Di Caprio durante tutto il film. L'attrice è stata chiaramente scelta per i suoi tratti somatici moderatamente tipici, in qualche modo occidentalizzati, oserei dire "disneyanizzati". Il suo abbigliamento è sì particolare, ma rispetta, comunque, il senso occidentale del decoro e della rispettabilità. Siamo nell'ambito di una visione angelicata, quindi cristiana, della donna. Anche caratterialmente ed intellettivamente è stata concepita in modo da stagliarsi al di sopra e al di fuori della media, distaccata dal carattere rassegnato e ribelle degli altri membri della sua tribù, dotata, perciò, di un'aura ieratica. Chiaro simbolo di una popolazione abusata. 

Come si può notare, è certamente un film che scatena rabbie recondite, per come è fatta la bestia umana, la peggiore di tutte, l'unica distruttiva in quanto le sue azioni sono sciolte dalla necessità biologica che muove le altre specie conviventi, per inseguire ambizioni, fini e idee private e particolari. Di conseguenza, Scorsese, per rispetto alla sua etica dell'immagine, non edulcora la rappresentazione della violenza. 

Leonardo Di Caprio conferma la sua bravura, nell'impresa, tutt'altro che facile, di impersonare un individuo sottilmente rozzo, influenzabile e ambiguo. 

Intelligente la soluzione finale del film affidata al commento di un finto show radiofonico d'epoca. Rappresenta in modo immediato il cinismo del sistema statunitense e non solo, in cui anche grandi tragedie umanitarie che definiscono la storia dei popoli, vengono ridotte ad intrattenimento funzionale alle esigenze del mercato. 

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