Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
È come se Martin Scorsese si sforzasse, in maniera (sempre più) commovente, di raccogliere il testimone (o le ceneri) di una New Hollywood ormai prossima all'estinzione (come gli Osage, dei quali ci tiene a preservare la memoria).
Nella sua ultima fase artistica, forse per terrore crepuscolare e senile (più volte esternato a chiare lettere) di un mondo in cui il cinema non esiste più (ucciso dai cinecomic e dalla Marvel?), è come se Martin Scorsese – la cui sostanza demiurgica arriva persino a materializzarsi in chiusura, con un accorato cameo che non può che suonare (anche) come un'assunzione di responsabilità di fronte alla storia (dell'America, che è di fatto una storia di immagini, veicolate dal grande schermo e quindi anche da Scorsese stesso e dai suoi film) – si sforzasse, in maniera (sempre più) commovente, di raccogliere il testimone (o le ceneri) di una New Hollywood ormai prossima all'estinzione (come gli Osage, dei quali ci tiene a preservare la memoria): se in The Irishman il canto funebre era rivolto innanzitutto a se stesso e alla propria epica gangsteristica, quest'altra epopea di meschinità criminale a stelle e strisce risveglia lo splendore delle forme di colleghi spirituali come Michael Cimino (vedasi l'incipit, dove la tribù è battezzata all'inebriante peccato originale del denaro da una pioggia di petrolio), Brian De Palma (in primis con The Untouchables – Gli intoccabili, pure omaggiato con Robert De Niro di nuovo dal barbiere) e Francis Ford Coppola (l'ambiguo rapporto tra boss e pupillo). Oltretutto, rispetto ai celeberrimi "bravi ragazzi" del passato, Leonardo DiCaprio (morbosamente memorabile nel suo mascellone alla Marlon Brando) non prova alcuna ebbrezza a fare il gangster: è solo uno stupido e un vigliacco, presentato (e ridicolizzato) come tale. Tant'è che il western diviene thriller: la plateale stolidità dell'uomo bianco non gli impedisce minimamente di assoggettare chiunque bianco non sia. Il destabilizzante squilibrio iniziale (gli indiani abbienti) ha infatti il destino (già scritto) di essere riportato all'ordine dalla furia capitalista occidentale (e dalla malattia, per nulla metaforica), attraverso un grandioso spettacolo di mostri e di morti viventi, di fuochi e pallottole, di sotterfugi e presagi, di oscura desolazione e illusorio riscatto (incarnato dalla sofferta misura di Lily Gladstone). Prodotto dalla piattaforma streaming di Apple, ha comunque potuto giovare di una regolare e concordata uscita in sala (coronata da un buon successo, considerata la durata non certo facile). Il regista ha adattato con Eric Roth Gli assassini della terra rossa di David Grann, accurato resoconto di uno sterminio rimasto a lungo senza cronaca.
Ansiogena colonna sonora di Robbie Robertson (la sua ultima prima della morte).
Voto: 9 — Film ECCELLENTE
VISTO al CINEMA
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