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Killers of the Flower Moon

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Killers of the Flower Moon

di Gangs 87
10 stelle

Oklahoma, anni '20. I nativi americani della tribù Osage diventano inaspettatamente ricchi quando la terra a loro assegnata dalle autorità, si rivela fonte di petrolio. Quando i membri della tribù iniziano a morire uno dopo l’altro, di morti misteriose e violente, l’FBI indaga. Tra i maggiori sospettati ci sono il vecchio William Hale e suo nipote Ernest, sposato a Mollie Burkhart, membro di una delle famiglie più ricche della comunità Osage.

 

Partendo dal romanzo di David Grann, Gli assassini della terra rossa, Martin Scorsese compone un’opera imponente. 206 minuti in cui sciorina solo una minima parte della storia dello sfruttamento dei bianchi nei confronti degli Osage; Scorsese decide infatti di narrare l’epilogo dei fatti che diventa il focus della narrazione che suddivide in tre grandi parti. La prima si concentra sulle morti conseguenti alla corsa alla ricchezza del vecchio Hale, pronto ad utilizzare ogni metodo, lecito e illecito, pur di raggiungere il suo scopo mentre, la seconda e la terza si concentrano sulla resa dei conti in cui le autorità smascherano Hale ed Ernest e li pongono davanti alle loro responsabilità.

 

Uno dei punti di forza del racconto sta nel modo in cui Scorsese ed Eric Roth decidono di impostare la sceneggiatura: una sorta di thriller in cui scopriamo colpevoli e mandanti man mano che la storia ci viene mostrata. Le sequenze degli omicidi, con la voce narrante fuori campo che descrive le foto mortuarie, sono intense per quanto siano crude e veritiere; anche la violenza, mai scontata ma sempre necessaria, è opportuna per arrivare a provare per i due principali protagonisti un senso di ribrezzo, esponenziale e costante, che determinerà le sensazioni finali.

 

L’altro importante perno, attorno al quale ruota l’ottima riuscita della pellicola, è la scelta degli attori. Laddove De Niro e DiCaprio sono feticci del regista (sono stati diretti da Scorsese, rispettivamente, in 10 e 6 dei suoi film più importanti), la vera sorpresa è Lily Gladstone, che interpreta Molly, anima della comunità Osage che non si arrende mai, neanche quando la morte ha già deciso di portarsela via.

 

Il personaggio di Robert De Niro, William (Re) Hale, è arrivista. Privo di scrupoli. Incarnazione del male sulla terra, attraverso il suo sguardo da coyote inganna tutti pur senza incantare. Consapevole delle capacità che lo contraddistinguono, manipola le persone a suo piacimento ed ognuno non è mai davvero padrone di se stesso. Ernest, interpretato da un Leo DiCaprio schiacciato, per le prime due parti della pellicola, dalla potenza scenica di Robert De Niro ma che riesce a riscattarsi ampiamente nella terza parte in cui giganteggia come suo solito, lo sa bene.

 

Ernest è l’incognita. Non sai mai se è davvero scemo e fa finta di esserlo e fin dove. In certi momenti lo spettatore si sentirà come lui: coinvolto in un vortice di cose che sa sbagliate ma di cui non riesce più a fare a meno. Ernest l’elemento ambiguo che non capisci mai da che parte sta, e lo smarrimento che percepiamo nel finale della pellicola, quando si rende conto che sta per perdere tutto, è la prova che fino a quel momento aveva compreso (forse) solo in parte la profondità dell’infimo insediamento del buon vecchio zio Hale nella sua mente e nelle tragedie che hanno colpito la comunità di cui anche lui fa parte.

 

Nessuno si salva, alla fine. Killers of the flower moon è un elogio funebre all’umanità. Così pregno di cattiveria, scevro da ogni sorta di espiazione e per questo esente da ogni salvifica azione. Scorsese dirige con maestria una pellicola difficile da narrare che si porta dietro un carico politico e sociale ancor più difficile da affrontare eppure lo fa in modo magistrale, regalando alla settima arte l’ennesimo capolavoro, inarrivabile.

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