Regia di Giuseppe Piccioni vedi scheda film
... il mondo è verticale e vai giù insieme alla tua tempra morale, che teme di invecchiare e di dimenticare come si cambia in fretta.
L’ombra del giorno, 2022, di Giuseppe Piccioni arriva sornione, inaspettato e inascoltato fino alla scoperta, casuale nonché fatale, di quella canzone di Andrea Lazslo De Simone, Vivo, che sta al film come l’onda alla riva, il sole alla luna ecc. ecc.
Arriva portando un’ondata di ricordi di giovinezza: quella città, Ascoli Piceno, fascistissima allora come oggi, era la naturale nemica della mia città da cui la dividono 35 km di strada orrenda, lasciata così da tempo immemorabile, forse per segnare una distanza, una diversità.
Lungo quella strada c’è il Ponte del Diavolo, meta preferita dai suicidi, e proprio da lì butteranno giù un bel cadavere, non dico di chi né da chi per non spoilerare.
Tornando a Vivo, le cadenze anni settanta in un semplice giro di do catturano e s’insinuano nelle tue fibre, mentre dicono del film tante cose, e così bisogna seguirli in parallelo.
Vivo
Ma non ho scelta né un motivo
Il mondo è un tipo irrazionale
Fa come vuole
Non dà nessuna spiegazione.
Ti conviene
Cogliere il tempo che rimane
Prima che smetta di bruciare
Dentro al tuo cuore
Anche il più piccolo ideale
Che sta tremando di terrore,
Lo so bene
La vita è breve e pure stretta
Ma la tua mente è una gran sarta
Che cuce in fretta
Il tempo di una sigaretta
Che fa bene
A chi ha la luna maledetta
E dalla vita non si aspetta
Che sia perfetta
Si gode quello che gli spetta.
Perché si muore troppo in fretta
Tu lo sai che ti conviene
Finger di non sapere
Che il mondo è verticale e vai giù
Insieme alla tua tempra morale
Che teme di invecchiare
E di dimenticare
Come si cambia in fretta.
D’accordo, solo letta così non è un capolavoro, ma bisogna ascoltarla, voci, tromba, contrabasso, violoncello, flauto, tastiera, chitarra, clarinetto e percussioni fanno un bel mix.
Alchimie, nulla più.
Tornando al film, cosa succede in Ascoli Piceno in quei due anni fra il ’38 e il ’40, quando tutti i nodi vennero al pettine e molti si erano trovati, sprovveduti con una buona dose di ingenuità o con buona carica di opportunismo, felici di consegnarsi in provvidenziali mani?
La vita, che sempre procede “irrazionale” e non dà “nessuna spiegazione”, divenne una tragedia senza catarsi, come capita a noi dell’Evo Moderno.
Luciano (Scamarcio, notevolmente ingrassato e perfettamente in parte), è un reduce dalla Grande Guerra con gamba malconcia e, invece di essere inondato di fiori al ritorno da eroe, si trovò preso a male parole come tutti reduci.
Allora capì che il mondo è verticale e vai giù insieme alla tua tempra morale.
Aderire al Fascio era il meno che potesse fare.
Amico, si fa per dire, di quei papaveri della città che stavano per diventare camerati di spicco, imparò a farsi i fatti suoi e guardare il mondo dalle vetrine del suo ristorante, gioiello Liberty oggi Caffè Meletti (sì, quello dell’anisetta d’altri tempi)
Il suo personaggio è il perno intorno al quale ruotano i destini di altri, tutti in qualche modo condizionati fra loro.
Luciano è giovane, ma non abbastanza per cogliere il tempo che rimane /prima che smetta di bruciare/dentro al tuo cuore /anche il più piccolo ideale.
Ha capito da tempo che chi ha la luna maledetta dalla vita non si aspetta /che sia perfetta/ Si gode quello che gli spetta /perché si muore troppo in fretta.
L’arrivo di Anna, in realtà Esther, ebrea che tenta di sopravvivere con documenti falsi, apre uno spiraglio nel suo mondo solitario e apparentemente appagato.
Anche per lei Luciano è un incontro importante, su due barricate opposte nasce qualcosa che la Storia provvederà a vanificare.
Esther parte, gli chiede di promettere, lui promette che si rivedranno, sanno entrambi che le parole sono acqua che rapida scorre, come quel mare all’alba che pian piano inghiotte la barchetta che va verso la nave che la porterà chissà dove.
C’è un coro intorno ai protagonisti, gli abitanti di una città sonnolenta pronta ad alzare il braccio, fascisti con stuolo di belle donne al seguito, il vecchio prof che, non pensando più ad Antigone e Socrate, ha firmato solo per non lasciare i suoi alunni in mano a quei mascalzoni, il cuoco, ben intenzionato ma sfortunato, il giovane spione che farà la fine che merita, infine il marito di Esther che spunta dalla resistenza francese dopo tanto tempo e creerà senza volere un notevole scompiglio.
C’è tutto quello che il gioco irrazionale della vita mette in campo e che le pedine s’illudono di dominare ma…
la vita è breve e pure stretta,
ma la tua mente è una gran sarta
che cuce in fretta,
Il tempo di una sigaretta,
Progetti, idee e ideali, lotte e sconfitte, amori e tremori, promesse e delusioni.
Meteore, sogni, l’infinita ombra del vero… perché si muore troppo in fretta.
www.paoladigiuseppe.it
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