La recensione su Downton Abbey 2 - Una nuova era

di alan smithee

4 stelle

AL CINEMA

Nel secondo capitolo del film che ha portato sul grande schermo l'epopea della facoltosa e nobile famiglia Grantham, si affronta un problema di eredità (della serie: "piove sempre sul bagnato") e l'invasione che una troupe cinematografica rende palpabile nel momento in cui la celebre dimora si trasforma nel set di un film.

Lady Violet (la grandissima Maggie Smith, che nelle sparute scene che la vedono impegnata a sciorinare il suo sarcastico, brillante appeal, recita quasi sempre sdraiata in un regal letto), riceve in eredità un villone in Costa Azzurra, ed il fatto di decidere di intestarla alla nipotina Sibby, figlia di prime nozze di Tom (Allen Leech) e della compianta Sybil (Jessica Brown Findlay), suscita diverse reazioni e conseguenze.

Mentre i conti Crawley (Hugh Bonneville e Elizabeth McGovern) si recano in Francia a visionare il lascito, un regista (Hugh Dancy) e le due star impegnate nel film (Dominic West e Laura Haddock) prenderanno accesso alla proprietà, tra lo stupore della servitù collaborativa e la curiosità della primogenita di famiglia.

Harry Hadden-Paton, Laura Carmichael, Tuppence Middleton, Allen Leech

Samantha Bond, Douglas Reith, Harry Hadden-Paton, Laura Carmichael, Hugh Bonneville, Michelle Dockery, Elizabeth McGovern, Penelope Wilton, Robert James Collier, Michael Fox

Purtroppo il film, al di là della consueta dettagliata ed impeccabile ambientazione, appare niente di diverso rispetto al prodotto televisivo che sta alla base di tutto il fortunato progetto.

La regia diligente, ma senza alcun piglio innovativo, a cura di Simon Curtis (quello di Woman in gold e di Marilyn), relega il film negli angoli della pura perfezione illustrativa e nulla, proprio nulla risulta mai davvero appassionante o di reale contenuto narrativo, che non sia una reiterata celebrazione del grande evento televisivo che fu Downton Abbey, in cui il servilismo accorato e sempre grato di una manovalanza ubbidiente e entusiasta nei confronti dei loro padroni un po' vuoti e senza nerbo, si trasforma in una abitudine fastidiosa e francamente fuori luogo anche in quei ormai lontani primi anni '30 del '900.