Regia di Roland Emmerich vedi scheda film
A circa soli 20 anni di distanza dalla c.d.”guerra franco-indiana” - che vide contrapporsi gli inglesi (coloni e non) ai francesi (a loro volta supportati da opposte tribù di pellerossa) - la nascente nazione statunitense ha conosciuto un’altra delle sue più celebri pagine di storia (fatta di esaltazione, ma anche di bassezze, di lutti e di speranze). Il confronto con (lo straordinario) “L’ultimo dei Mohicani” è, dunque, inevitabile (al di là delle somiglianze relative alla spregiudicatezza dell’uso del tomahawk) cosiccome è inevitabile che l’impavido Benjamin Martin (M.Gibson), eroico contributore (“patriota”) dell’indipendenza americana, venga accostato alla figura del leggendario guerriero scozzese William Wallace (ancora M.Gibson), anch’egli mosso da un irrefrenabile, ferino senso di vendetta, anch’egli artefice del destino di un intero popolo.
Confronto, però, che - come in molti hanno fatto notare - il film di Emmerich non regge: tutto a causa di una pessima sceneggiatura, piena zeppa di “battute banali, fin troppo didascaliche”(gene55), ma soprattutto infarcita del solito carosello di esternazioni retoriche (quasi insulse se si riflette su quantomeno 2 affermazioni fatte dire al protagonista in 2 momenti diversi del film: una relativa ai “principi”, cui bisognerebbe rinunciare quando si mette su famiglia, l’altra dedicata all’”onore”, ottenibile solo sulla punta delle baionette. Ma si pensi anche a come viene affrontato il tema della schiavitù…). Insomma: il tipico, tronfio tripudio di patriottismo americano che tanto piace ad un certo pubblico troppo poco esigente.
Ed è un vero peccato se si pensa che invece - a mio avviso - tutto il resto funziona egregiamente: le scenografie sono suggestive (è deprimente pensare che quelle belle, soleggiate campagne americane abbiano dovuto ospitare certe tragedie), la fotografia - per la quale il film fu candidato all'Oscar - è a dir poco spettacolare (i colorati contrasti di luce di alcune inquadrature sono di una bellezza tale da riuscire quasi a lenire le più atroci tra le sofferenze rappresentate), le ricostruzioni degli scontri bellici offrono uno spettacolo visivamente stimolante e le musiche, trionfali (un po’ pompose forse), accompagnano degnamente la narrazione dall’inizio alla fine.
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