Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
La grandezza del capolavoro di Ferreri (sceneggiato in collaborazione con Sergio Bazzini) sta nell'aver anticipato l'involuzione interiore dell'uomo moderno degli ultimi decenni. Poetica e tematiche dell’opera sono efficacemente descritte nelle brillanti recensioni di Ed Wood, Steno79 e Zarathustra, mentre a me preme sottolineare come 40 anni fa l'autore intravedesse già la connotazione cruciale che avremmo dato agli oggetti ed alla loro riproduzione, identificando con altrettanta lungimiranza il grave pericolo della perdita di senso reale delle ns azioni. Ad impressionare nelle immagini quotidiane del regista milanese, è la lucidità nel mostrare (spiegandola meglio di sociologi e psicologi mass-mediologi nostrani!) la genesi di molti dei contemporanei drammi di cronaca, imprevedibili ma solo apparentemente incomprensibili. Le acute teorie di Garimberti sul differente grado percettivo dato al valore di cose e sentimenti, dalle nuove generazioni nella società globalizzata, consumista ed edonista, sembrano chiaramente ispirate da “Dillinger è morto”. Il finale, tipicamente grottesco, è in realtà pessimista, in quello sfumare sulla tonalità rosso ocra (la medesima utilizzata sulla fatidica pistola). Un tragico ed onirico veleggiare verso l'offuscato presente (si parla di noi purtroppo, più che mai!). Straordinario Michel Piccoli, fra i più superbi attori del cinema per sottigliezze e mezzi toni.
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