Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 78 - CONCORSO Maternità parallele e scambiate dall'errore umano da una parte, cui si contrappone un presente che scava perpendicolarmente alla ricerca degli orrori di un passato che non può essere dimenticato. Errori paralleli e orrori stratificati sottoterra: responsabilità umane, involontarie nel primo caso, e scientemente portate avanti quando il passato riporta alla luce le sue nefandezze. Il ritorno in regia di Pedro Almodovar avviene con una storia ambiziosa e complessa che cerca di fondere, in modo peraltro narrativamente molto lineare e senza troppi ostacoli formali, due tematiche assai differenti quanto entrambe devastanti per chi è stato costretto, da una parte, a subire, sotto forma di lutto con occultamento della salma lungo un tetro passato di dittatura ancora vivo nella mente dei posteri, e nel presente sotto forma di gestione di una maternità per nulla scelta, ma del tutto condivisa e vissuta nella sua pienezza ed intensità.
La ricerca dei resti di alcuni antenati ammazzati durante il regime dittatoriale, spinge la dinamica ed apprezzata fotografa Janis ad incaricare un celebre antropologo per il ritrovamento dei corpi degli avi barbaramente uccisi. Ma tra i due nasce improvvisa una passione che pare fugace, ma grazie alla quale Janis si ritrova incinta. In ospedale Janis conosce una ragazza madre ancora minorenne e ne condivide i pensieri e turbamenti. Coi mesi Janis si rende conto che sua figlia porta con sé tratti somatici che non corrispondono a lei, né tantomeno al padre naturale. Appurato con sconcerto di non essere la madre naturale della piccola, la fotografa scopre l'incredibile errore di uno scambio ospedaliero in culla che coinvolge anche la ragazza conosciuta in condivisione di stanza. Le due si ritroveranno e molte verità spesso drammatiche porteranno a svolte inaspettate, che prevederanno altresì il prosieguo dell'indagine sul ritrovamento degli antenati della fotografa, morti ed occultati in fosse comuni, oltre che definire nuove unioni sentimentali inaspettate all'insegna di un concetto di famiglia più completo ed universale.
Almodovar sceglie una narrazione classica, che gli consente di accostare la sfera intimista all'impegno storico-civile, azzardando a volte accumuli narrativi rischiosi, che tuttavia il gran regista riesce a mandare avanti senza eccessive sbavature. Poi certo i vezzi dell'autore presenti con una certa ostinazione quasi fosse un marchio di fabbrica, non mancano neppure stavolta: le solite case arredate secondo il proprio cliché colorato e naif che prevede, tra le altre, cucine con tavole imbandite di ogni ben di Dio, prosciutti serrani in bella vista come se si nutrisse un reggimento, e tortillas dorate e sfrigolanti che paiono uscite da uno spot. E poi pubblicità occulte ma invadenti di automobili giapponesi nuove di zecca, pure quelle rapite da uno spot, e molti altre altre chicche ormai irrinunciabili. Pedro da decenni si è imborghesito perdendo parte della sua vena più genuina in nome di uno stile di fabbrica, smarrendo buona parte della preziosa verve ed irriverenza dei suoi meravigliosi, scatenati primi vent'anni di carriera. Ma il suo cinema è ancora lucido e impegnato, e il suo melodramma funziona anche quando osa prendersi il rischio accostare l'intimo di un dramma a due suggerito dal titolo, con gli orrori della memoria che rivendica il ricordo di un passato tragico. Brave Penelope Cruz e la giovane Milena Smit vista di recente in Non uccidere. Attorno a loro anche due presenze del cuore del cinema del grande autore: l'istrionica Rossy De Palma e la affezionata Julieta Serrano, oltre alla sempre bellissima Aitana Sànchez-Gijón.
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