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Madres paralelas

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Madres paralelas

di laulilla
8 stelle

Ultimo film di Pedro Almodovar, che ha aperto l'ultima rassegna veneziana dove il regista ha ricevuto il Leone alla carriera, mentre Penelope Cruz ha ottenuto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile.

                      Due nascite nella stessa clinica, nella stessa stanza, nello stesso giorno

 

Due donne, diversissime per età e per provenienza sociale e familiare, attendono, nella stessa camera di una clinica, il loro primo parto.

Yanis (Penelope Cruz) è una quarantenne che sta per partorire il bebè concepito durante un molto intenso rapporto d’amore con Arturo (Israel Elejalde), l’archeologo antifascista che aveva accolto il suo appello per aiutarla a ritrovare la fossa comune nella quale il bisnonno fu sepolto, durante la guerra civile, dai falangisti che l’avevano ucciso.

Ana, (Milena Smit) ha invece solo sedici anni ed è poco più di una bambina sulla quale pesa un terribile episodio di violenza di gruppo, avvenuto in seguito all’incauto invio di selfie intimi al ragazzo che le piaceva. La sua gravidanza – ne era stata la conseguenza – l’aveva costretta a tornare a vivere con la madre, attrice, che non voleva tenerla con sé per non perdere il contatto col regista teatrale che le aveva proposto una tournée nella Penisola Iberica.

 

La nascita quasi simultanea delle bambine di Yanis e Ana, seguita dall’immediato loro allontanamento dal seno materno (anomalie genetiche lo avevano imposto), immediatamente ci immerge nel mistero del film, ovvero in quell’atmosfera sospesa in cui è possibile scorgere oscuri presagi del destino che porterà le due donne a condividere per lungo tempo i problemi, le ansie e le angosce della loro rispettiva maternità, su cui grava il sospetto  dello scambio in culla, in seguito confermato dagli strumenti della scienza.

 

La vicenda del changeling si intreccia con quella del legame affettivo che presto si stabilisce fra Yanis e Ana e che assume complesse connotazioni: da una parte Yanis, figura materna per eccellenza, sostituisce per Ana quella madre che l’aveva da sempre trascurata, avendo anteposto all’interesse amoroso per lei le esigenze della propria carriera teatrale; dall’altra, l’empatia profonda di Yanis, la sua generosità disinteressata, le sue premure alimentavano le speranze di Ana, che si era innamorata di lei.


Il rapporto fra le due donne assume per un breve tempo aspetti saffici, privi di sviluppi e di prospettive: se Ana ha più di qualche buona ragione per non fidarsi dei maschi, Yanis, invece, vuole un figlio da Arturo, che l’ama e che l’aiuta a ritrovare i resti degli avi desaparecidos e a rinnovare con la maternità le tradizioni della sua famiglia d’origine, fondata sugli affetti e sulla solidarietà che la barbarie del periodo franchista aveva interrotto con brutale ferocia.

 

 

 

Invito i lettori a vedere il film per conoscere gli sviluppi dell'intreccio di cui non anticiperò altro.

 

Eccellenti interpreti della pellicola sono le due protagoniste Penelope Cruz, mai così brava, e Milena Smit esordiente all’altezza del ruolo, che si aggirano fra alcune colleghe, notissimi volti del cinema del regista, come Rossy De Palma e Julieta Serrano.

Almodovar ha dichiarato di aver voluto - per la prima volta cosi esplicitamente - realizzare un  film politico, dedicandolo ai giovani postmillenials, ignari delle atrocità della guerra civile spagnola, con la quale la generazione dei padri non aveva voluto fare i conti.

Ana, con quella madre egoista e “apolitica”, è una giovane smarrita che ha trovato in Yanis conforto e comprensione, ma non conosce, come i suoi coetanei, la storia della Spagna e l’oscura parentesi franchista che ha impedito lo sviluppo del suo paese, avendo sacrificato alla restaurazione del passato e delle ingiustizie di casta ogni forma di reale innovazione culturale, e ogni umana compassione.

 

Non sempre, a mio giudizio, il film riesce a fondere compiutamente l’intento nobilmente “pedagogico” con la storia delle due donne e delle loro difficoltà e lascia l’impressione di essere riuscito solo in parte a parlare davvero al cuore di tutti gli spettatori, nella memoria dei quali restano soprattutto le atmosfere magiche delle migliori opere di Almodovar – eccelso cantore del sentire femminile – nonché l’invito a raccogliere l’allarme sulle sorti della democrazia nella Spagna e, direi, nel mondo di oggi, insidiata pericolosamente dall’ignoranza dii massa della storia che [non] ci siamo lasciati alle spalle.

 

 

 

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