Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
V’è una costante, quasi metafisica, nella poetica di Pedro Almodóvar: la capacità di mantenersi, frattanto, ben radicato nel quotidiano ma fuori dallo spazio-tempo attuale; è ciò che potremmo definire il potere di un regista, che è anche autore e intellettuale.
Madres Paralelas non rinnega tali premesse, anzi: prosegue la danza sulle note di piaceri e dolori intrinsechi, muovendosi fra l’intimo dramma maternale e la storia collettiva della disperata Spagna franchista (con lo sguardo rivolto a Rossellini). Tutto sembra essere pervaso da un’aura che trasforma comuni episodi del vissuto in esperienze catartiche irripetibili: digitare al computer, sorseggiare un calice di vino, sbucciare delle patate, viaggiare in auto. E l’umanità, intesa come l’insieme delle virtù che ci rendono tali, in qualche modo ne esce vincitrice, seppur affranta dall’ineludibile corso delle cose.
Madres Paralelas è anche un film sull’importanza dello sguardo come mezzo attraverso cui incanalare memorie, tramandare e farsi influenzare, plasmarsi in quanto (anzitutto) figli, padri, madri.
Poche sono le opere (e i registi, appunto) capaci di restituire con tale nitidezza il vigore dirompente e rarefatto della regia, del racconto con e per immagini, senza preoccuparsi di una presunta veridicità dietro queste ultime; a contare davvero – forse banalmente, eppure troppo spesso ignorate – sono le emozioni, perché «le emozioni sono tutto quello che abbiamo».
Sempre sia lodato il cinema di Pedro Almodóvar, toccasana contro le sciagure persistenti della vita.
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