Regia di David Charbonier, Justin Powell vedi scheda film
Secondo film della coppia Charbonier & Powell, registi di nuovo alle prese con un horror d'atmosfera interpretato dal promettente attore bambino Ezra Dewey. Una favola nera, limitata nello spazio (un appartamento) e nel tempo (una notte), ma realizzata con personale stile e grande tecnica.
1989. Una torrida e calda notte estiva il piccolo Dylan (Ezra Dewey) viene svegliato dai lamenti e dal pianto della madre. Si alza, la raggiunge in cucina, ma non può far nulla per evitare che la donna si tolga la vita.
Muto, seguito da Michael (Rob Brownstein), un padre premuroso e affettuoso, Dylan si stabilisce assieme al genitore in un nuovo appartamento, nel quale scopre un vecchio libro, "Book of shadows", appartenuto al precedente inquilino deceduto nello stesso stabile. Viene attratto da un capitolo in particolare, "Wish of desire", e da una rito che richiede per l'esecuzione la presenza di alcuni artefatti, tra i quali un orologio, una candela e uno specchio.
"All'inizio dell'ultima ora della giornata, accendi una candela. Metti tre gocce di sangue fresco nella cera che si scioglie. Guarda il tuo riflesso e pronuncia queste parole, quindi fai conoscere il tuo desiderio: 'Spirito del fuoco, lascia che la ruota della fortuna giri. Concedimi il mio desiderio'."
La sera il padre, impiegato in una stazione radio, esce per recarsi al lavoro e Dylan resta solo a casa. Tutta la notte. Munito degli oggetti necessari, si prepara per compiere il rituale magico: il suo unico desiderio, è quello di riacquistare la parola.
"In parte uomo e in parte bestia, in natura il Djinn è uno dei cinque immortali guardiani del Regno delle Ombre. Appare a coloro che evocano un desiderio, che il Djinn esaudirà a chiunque sia coraggioso abbastanza per sopravvivere un'ora in sua presenza. Ma consumerà il cuore di tutti coloro che falliscono, dannando la loro anima al Regno delle Ombre per tutta l'eternità. Assumendo la forma dei morti, il Djinn esaudirà il desiderio, ma in maniera contrastante a quella voluta dell'evocatore. Sebbene immortale, il Djinn è suscettibile alle leggi degli uomini quando è nel regno umano, in grado di rigenerarsi solo al ritorno nel suo mondo."
I promettenti registi David Charbonier e Justin Powell, dopo l'apprezzato e premiato debutto (inedito in Italia) The boy behind the door (2020), scelgono nuovamente per il ruolo principale il piccolo e talentuoso Ezra Dewey, protagonista dodicenne sul quale ruota l'intero film. Per ovviare alle ristrettezze di un budget non particolarmente sostanzioso, i due autori scelgono di ambientare la storia in un arco temporale di poche ore e in una sola location. Il soggetto si basa sulla figura religiosa citata nel Corano, una macabra e ambigua entità (nè del tutto malvagia, tantomeno buona) che può essere accostata a molteplici personaggi inquietanti delle più celebri fiabe. Non a caso il padre di Dylan legge al piccolo l'esperienza (spaventosa per un bambino) di "Pinocchio", quando trasformato in somaro.
The Djinn è quindi una favola (nera) dentro una favola. E per ovviare alla carenza di dialoghi (il protagonista effettua il rituale facendo ricorso al linguaggio dei segni) i due autori utilizzano una splendida colonna sonora (opera di Matthew James), sulla quale innestano anche classici brani musicali vintage, i cui testi si adeguano con pertinenza alla storia (vedi ad esempio il malinconico Dreams, Timecop) [1].
Sono pochi i mezzi a disposizione e la sceneggiatura si concentra quindi sullo stile da dare alle immagini, sul potere immortale dei simboli tra i quali orologi, specchi che riflettono le vere forme del Djinn, candele, fumo nero, ombre, soffuse e tremolanti luci colorate. Memorabile e di grande effetto appare l'eccezionale lunga soggettiva del Djinn - alla ricerca di qualcosa - proposta con tonalità grafica rossa, mentre volteggia per aria, galleggiando come immerso nell'acqua, osservando gli oggetti e studiando la conformazione della stanza di Dylan, sino a finire tra le pagine di un giornale (con foto di un assassino ucciso dalla polizia, che darà corpo alla manifestazione terrena del genio traditore).
Attorno a un soggetto davvero sintetico ed essenziale, Charbonier e Powell sviluppano un lungometraggio esteticamente incantevole, di grande suggestione, spesso abbinato a metàfore (Dylan è muto, mentre il Djinn a un certo punto è cieco) che richiedono un certo sforzo mentale per essere notate, anche se forse non del tutto comprese. The Djinn è un film piacevole e coinvolgente, in grado di dare conto in anticipo del radioso futuro d'attore che spetta al giovanissimo Ezra Dewey e, forse, anche della brillante carriera dietro la macchina da presa, che attende nel prossimo futuro i due ispirati registi.
Dreams (Timecop, 1983)
[1] Lirica
"Time flies
"Se cominciamo a pensare alle cose che ci mancano, dimentichiamo quelle che abbiamo." (Il padre di Dylan cerca di rincuorare il figlio, malinconico per la mancanza della madre)
Trailer
F.P. 15/05/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 81'09") / Data del rilascio USA: 14/05/2021
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