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The Kreutzer Sonata

Regia di Éric Rohmer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Kreutzer Sonata

di yume
8 stelle

Un dramma della gelosia: la Sonata a Kreutzer, da Beethoven a Rohmer (passando per Tolstoj)

 

locandina

The Kreutzer Sonata (1956): locandina

 

Un testo trasversale, un nome, Kreutzer, benedetto da inattesa immortalità, un dramma che oltrepassa i confini del tempo, il femminicidio.

Tutto iniziò nel 1802/03, quando Beethoven, mentre buttava giù l’abbozzo della Sinfonia n.3, “Eroica”, decise di distrarsi un po’ forzando i confini della musica da camera e scrivendo un altro capolavoro.

Così riporta infatti il frontespizio del manoscritto:

Sonata per il Pianoforte ed un Violino obligato, scritta in uno stile molto concertante, quasi come d’un concerto.

Un dialogo ad armi pari fra pianoforte e violino, un’attrazione magnetica fra i due strumenti, un’influenza ipnotica sul pubblico, a partire dal titolo.

Ha un che di incandescente e di evocativo il titolo, quelle sillabe dure, quasi digrignanti, fredde come lame d’acciaio, dopo la delicata scorrevolezza della parola Sonata per indicare il genere.

La percezione di forte energia, la sua “torreggiante potenza” (Walter Rietzler) non sarebbero bastate a decretare il singolare destino della Sonata a Kreutzer se non fosse stata, fin dal suo nascere, legata ad un dramma d’amore e gelosia. Beethoven all’epoca amava una ragazza, il caro giovane amico violinista con cui suonò il brano per la prima volta a Vienna  pare gliel’abbia soffiata.

Entra così in scena Kreutzer, violinista famoso, che però non la suonò mai, scelto dal Maestro per il suo nome celebre. L’odio per l’ex amico esigeva una vendetta.

Una storia nota, naturalmente, ma che val la pena di rispolverare come la raccontano i biografi, e se allora non ci furono morti, poi arrivarono anche quelli e la Sonata a Kreutzer divenne pretesto per consumare a spese della donna accuse di tradimento.

 

Tolstoj e poi Rohmer

Tanti in due secoli ne sono stati ispirati, ma chi ha dato risonanza mondiale alla Sonata lanciandola oltre il ristretto confine degli amanti di musica e aprendo quel varco attraverso cui tutti i linguaggi dell’arte passano e si fondono, illuminandosi a vicenda, è stato Tolstoj.

Il suo racconto è il prodotto di una cultura antica, e se oggi proviamo orrore ai vaneggiamenti del protagonista, la bellezza della scrittura e la forza di una prosa ineguagliabile costringono a godere fino in fondo di un’architettura che tocca gli stessi vertici che la Sonata di Beethoven tocca nella musica.

Il poderoso intreccio della linea narrativa (il racconto in treno che l’uxoricida fa all’anonimo compagno di viaggio) con quella predicatorio-ideologica (l’invettiva prolungata contro la corruzione sessuale, la condanna del matrimonio come istituto che ha perso la sua purezza evangelica, la donna come pernicioso oggetto di lussuria, l’auspicio all’astinenza come unico rimedio, con l’inevitabile estinzione del genere umano) proprio per l’isterico eccesso delle affermazioni dell’assassino, minato da nevrosi evidenti, assume un rilievo a cui il dinamismo infuocato del primo movimento della Sonata fa da perfetto contrappeso.

Particolarmente il Presto iniziale pare scateni forze telluriche e generi stati d’animo “esasperati”, come fa dire Tolstoj a Pozdnyšev il protagonista.

La musica mi trasporta di colpo, istantaneamente, nello stato d’animo in cui si trovava colui che l’ha scritta … m’immedesimo spiritualmente con lui…ma perché lo faccio ? Non lo so….

Gli accordi armonicamente tesi dell’Adagio Sostenuto iniziale, carichi di tensione, una frase ripresa dal pianoforte e ulteriormente rielaborata dai due strumenti insieme, sono il terreno fertile per lo scatenamento della passione nel Presto, quando energie e pulsioni interne si liberano senza tregua.

Certo il condizionamento emotivo è forte, e se opera su una psiche particolarmente esposta a scarso controllo di sé come quella di Pozdnyšev, il risultato è quello che ben conosciamo.

 

Accade anche in Rohmer (1956) che la musica sia il terzo personaggio dell’intreccio funesto di amore e morte, e nonostante le differenze fra i due testi, soprattutto per i tempi molto diversi in cui sono prodotti e i capovolgimenti culturali, il collante resta la musica, base sonora nel film per l’intera durata, eseguita da due musicisti esterni alla storia, intimamente connessa alla vicenda nel racconto di Tolstoj, perché i due presunti amanti suonano e il loro dialogo dalla tastiera s’intreccia così fortemente alle corde del violino da scatenare la pazzia nel marito geloso.

In entrambi i testi i protagonisti maschili arrivano poco convinti al matrimonio.

L’ anonimo architetto di Rohmer si decide più per noia della solita vita che per amore a sposare una fanciulla conosciuta ad una festa, donna di cui vede bene i limiti e l’inferiorità rispetto al suo status di professionista di successo.

Il Pozdnyšev di Tolstoj, da parte sua, è un agiato possidente dedito agli affari, ma anch’egli decide di volere una moglie non si sa bene perché, l’unica certezza è che su lei dovrà far pesare la sua indiscussa superiorità.

Matrimonio borghese alla moda ottocentesca, allietato, si fa per dire, da molti figli, matrimonio sbrigativo e senza figli alla moda anni Cinquanta, quello che non cambia è il ruolo della donna. I demoni della gelosia si scatenano identici quando i due mariti si convincono che le mogli abbiano una tresca, con un violinista l’una, con un critico (presumiamo cinematografico) l’altra. Entrambi i mariti non sono innamorati delle rispettive mogli, dopo le coccole di rito iniziali, il disprezzo e il disamore prevalgono, l’oggetto-moglie è di loro proprietà e vale poco più che un arredo casalingo.

Guai però scoprire che hanno un’anima, desideri, una mente pensante.Bisogna annullarle, schiacciarle come viscidi vermi.

 

IL RACCONTO DI TOLSTOJ – IL FILM DI ROHMER

Tolstoj, figlio di una società patriarcale in veloce mutazione, studia il rapporto “natura” “cultura” e trova la sua sintesi nella relazione sessuale e nel matrimonio. I ruoli al suo interno, i problemi, le crisi e i conflitti che ne nascono sono innanzitutto i suoi.

Eppure la figura di Pozdnyšev, benchè predichi i suoi stessi principi, è fatta per ripugnare, l’autore crea un personaggio poderoso nella sua negatività, e mentre guarda con occhio severo di condanna la crisi di quei valori sintetizzati nel suo motto “servire Dio e la gente”, delinea una figura quasi demoniaca, alterata, ossessiva, in cui è impossibile identificarsi.

Brialy, Godard e Rohmer

Il protagonista di Rohmer è più sfumato, unica voce è quella narrante esterna, il focus è sulla gestualità dei personaggi, sullo scandaglio delle loro espressioni e della loro interiorità.

Un linguaggio cinematografico di forte realismo, lo sfondo sono i locali dei Cahiers du Cinéma con tutti quelli che allora giravano da quelle parti, come Truffaut, Chabrol e lo stesso Godard produttore del film, o il salotto di case gremite di giovani che fumano, bevono, amoreggiano, si annoiano in gruppo. Brialy è il coprotagonista maschile, critico ammiccante e gaudente preceduto da fama di donnaiolo.

Ma come nel romanzo così nel film nulla prova che l’adulterio sia avvenuto, in entrambi i casi la donna è oggetto di quello che oggi chiameremmo stalkeraggio.

Un mondo lontano anni luce dalle rustiche isbe tolstoiane e dai palazzi opulenti della ricca nobiltà moscovita, quello di Rohmer, eppure i drammi si perpetuano identici.

Il matrimonio borghese, in definitiva, sembrano dire le due opere, è il vero colpevole del degrado dei valori autentici del vivere umano, e se la causa della corruzione della donna è l’uomo, vero è che questa, con la sua frivola esistenza, collabora ampiamente.

Ma non è così, e speriamo che almeno a Rohmer non facesse difetto un po’ d’ironia.

I mariti odiano le mogli per la supposta pretesa di autonomia, in realtà le due donne sono umili e accondiscendenti, solo che sono altro da quel prototipo che i mariti pensavano di plasmare a loro immagine e somiglianza. In questa pretesa di dominio la loro debolezza è evidente ed è lì che s’innescano l’ossessione e la calunnia. La violenza è la conclusione inevitabile, l’effetto sorpresa impedisce alle donne una difesa efficace, i due uomini presunti amanti se la danno a gambe, l’universo maschile non ne esce affatto bene.

Ed è qui la grandezza dell’arte, diradare le nebbie, dare ad ognuno la giusta fisionomia, il ruolo che merita.

Solo allora la Sonata a Kreutzer può tornare ad essere quello per cui è nata, un meraviglioso canto d’amore da ascoltare e riascoltare nell’incisione storica del 1973 con Itzhak Perlman e Vladimir Ashkenazy  (se non ci sono mariti gelosi in giro).

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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