Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
Che dire? Per amare Rohmer bisogna: sentirsi pronti ad ascoltare dialoghi non particolarmente incisivi per cento minuti consecutivi, senza soluzione alcuna di continuità; non fare assolutamente caso alla totale mancanza di musiche (regola che, per una volta, qui vive l'eccezione del brano di classica sui titoli di coda); trovarsi a proprio agio piombando all'improvviso dentro ad una storia in cui nè un narratore esterno, nè i personaggi offrono una presentazione di loro stessi, percui tutto ciò che ci è dato sapere dobbiamo ricavarlo a casaccio dai vacui ed asfissianti dialoghi; non chiedere ad un film nulla di più e nulla di meno che una trasparente descrizione della realtà quotidiana, priva di alti e bassi, fatta di individui e situazioni comuni. Per apprezzare Rohmer basta meno: basta lasciarsi coinvolgere il giusto dai fitti dialoghi e simpatizzare per le commedie sentimentali a sfondo vagamente psicologico, e ovviamente non fare granchè caso allo spettrale, perpetuo silenzio di fondo (Rohmer è come un rude, ma composto padrone di casa che non fa cerimonie, nè pulisce casa prima di ospitarti: se all'inizio ti lascia allibito, con l'abitudine finisci per non far più caso ai suoi vezzi). Fino a questo punto mi sforzo di arrivarci, ma non riesco comunque a ritenere un lavoro come Racconto di primavera (e molti, molti altri del regista francese) qualcosa da ricordare o addirittura tramandare nella storia del cinema mondiale. 5/10.
Due ragazze fanno amicizia e convivono per qualche tempo; entrambe deluse dai rapporti con i maschi, si trovano in sintonia su molte cose. Il padre di una delle due vive una relazione con una ragazza più giovane di lui, relazione malvista dalla figlia, che cerca di far conoscere e rimanere soli la nuova amica ed il genitore.
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