Regia di Daniel Taradash vedi scheda film
I consiglieri comunali di una cittadina di provincia chiedono all’anziana direttrice della biblioteca pubblica di far sparire dagli scaffali il libro Il sogno comunista: lei si rifiuta, pur essendo personalmente contraria al suo contenuto (come in passato lo era a quello del Mein Kampf), perciò viene licenziata e subisce l’ostracismo dell’intera comunità; un ragazzino serio e studioso, che le si era affezionato, si sente tradito e comincia a sviluppare pericolose fantasie allucinate. Nel 1956 la fase più rovente del maccartismo era ormai alle spalle, ma realizzare questo film (l’unico diretto dallo sceneggiatore Daniel Taradash) avvalendosi oltretutto della partecipazione della notoria blacklisted Kim Hunter doveva essere un gesto ancora abbastanza coraggioso: e infatti pare che il cast abbia subito pressioni politiche. Ne viene fuori un apologo ingenuamente didascalico, ma profondamente sentito, sulla libertà di pensiero, con qualche eccesso di isterismo nella caratterizzazione del ragazzino e con una conclusione vibrante. Beninteso, non si mette mai in dubbio (anzi si sottolinea con orgoglio) la superiorità dei valori americani: il maccartismo viene considerato solo un passeggero obnubilamento delle coscienze, del resto controproducente sul piano tattico.
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