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Decision to Leave

Regia di Chan-wook Park vedi scheda film

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La recensione su Decision to Leave

di diomede917
8 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: DECISION TO LEAVE

Ecco quello che mi ha lasciato dentro Decision To Leave.

Perché il regista Park Chan-wook, dopo la violenza e il sangue della trilogia della vendetta, ci regala un mix di Noir e Thriller di echi Hitchcockiani ma con uno sviluppo e una messa in scena che ci ricorda il miglior Brian De Palma.

La Palma d’Oro come miglior regista è tutta meritata perché con Decision To Leave, Park Chan-wook ci dimostra di aver raggiunto la vera e giusta maturità registica spargendo indizi per tutto il film fino ad arrivare all’ultima mezzora da insegnare in ogni scuola di cinema sia per la messa in scena che nella poesia che ci mette per arrivare al tragico epilogo.

Il film si apre col ritrovamento del corpo di un esperto scalatore sfracellato a terra.

Incidente o Suicidio?

Per l’insonne detective Hae-jun ci potrebbe essere una terza opzione.

La giovanissima e bellissima vedova, ex immigrata clandestina cinese che era succube delle numerose violenze del marito.

Purtroppo, il movente da solo non basta se esiste un alibi di ferro e cosi tra interrogatori e appostamenti il poliziotto inizia a provare un sentimento forte al limite della tossicità che ne pregiudica il suo lato razionale.

La vera abilità di Park Chan-wook è di farci vivere tutta la storia, soprattutto la prima e ipnotica parte, dalla prospettiva di Hae-Jun così viviamo in prima persona i dubbi nei confronti dell’affascinante sospettata, la difficoltà di amare anche la propria moglie e il risveglio del sentimento represso da dire come una sorta di confessione anche se si è consapevoli che può tornare tutto indietro come un boomerang.

Chi conosce il regista sa benissimo che la donna gioca un ruolo importante nella sua trilogia della vendetta, ma in Decision To Leave è il vero fulcro di tutta la storia.

L’enigmatica Seo-Rae con i suoi repentini cambiamenti diventa l’epicentro della scossa che provoca il terremoto emotivo del protagonista.

E Park Chan-wook segue questi cambiamenti cambiando egli stesso il registro del film. Ed è per questo il film è un continuo ondeggiamento di generi come la marea finale che tutto copre.

Se dobbiamo trovare un difetto in questo bel film è che certe scelte di sceneggiatura,  soprattutto nella parte centrale, sono di difficile interpretazione rendendo un po’ prolisso il racconto (diciamolo 138 minuti sono un po’ tanti per questa storia) ma la bellezza degli ultimi 30 minuti ripaga tutto e soprattutto si rivede il cinema di Park Chan-wook fatto di personaggi del tutto coerenti con se stessi e capaci di fare dei gesti estremi ed eticamente discutibili ma in linea con il loro senso di responsabilità.

Perché gli amori impossibili sono come quei casi irrisolti dove non si sa chi è il vero colpevole, non si sa perché e per come sia successo.

Ma alla fine l’amore è destinato a morire di morte violenta e tu sei destinato a vivere nel rimorso di non essere riuscito a trovare la soluzione.

Voto 8

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