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Decision to Leave

Regia di Chan-wook Park vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Decision to Leave

di yume
10 stelle

Un thriller anomalo, una Korean way of life a tutti gli effetti

locandina

Decision to Leave (2021): locandina

Vertigo e Rashomon sono spesso chiamati in causa come padri nobili di questo straordinario film del sud coreano Park Chan-wook, e senza negare affiliazioni celebri (difficile aprire porte mai aperte prima, ammoniva il saggio greco) va riconosciuta al regista (e Cannes l’ha fatto) una capacità personalissima di orchestrare registri antitetici in inedita simbiosi, inoculare nel thriller metastasi sentimentali spiazzanti, fare di una detective story un melodramma romantico con accelerazioni in climax ascendente verso un finale da antologia, a cui dà il tocco di genio la fotografia diJi-yong Kim.

Decision to leave è una storia d'amore e anche un dramma poliziesco – chiarisce il regista -ma quello che voglio davvero sottolineare è che è una storia sulla perdita, a cui qualsiasi adulto sarà in grado di relazionarsi.Piuttosto che trattarla come una solida tragedia, ho cercato di esprimerla con sottigliezza, eleganza e umorismo”

 

Sinossi

Hae-joon (Park Hae-il) è un detective di Busan che indaga sulla morte di un uomo caduto da una montagna. Le circostanze della morte sono oscure e la moglie del morto, Seo-rae (Tang Wei), donna bellissima, misteriosa e malinconica, è cinese e si presenta scusandosi perché il suo coreano è "insufficiente". E’ la principale sospettata, l’impressione di non essere per nulla sconvolta dalla tragica scomparsa del marito è l’indizio maggiore a suo carico, e sulla sua inconsistenza inutile diffondersi. Altre prove non emergeranno, o non si vorrà che emergano, lo scompiglio delle carte è totale e la sensazione che il regista giochi con lo spettatore come il gatto col topo è grande.

Nulla è mai come sembra o, ed è altrettanto vero, tutto può essere come sembra. I racconti del commissario ai suoi collaboratori fanno sembrare gli eventi come veramente accaduti in quel modo, poi scoppiano come bolle di sapone e tra reale e immaginario sparisce ogni confine. La fotografia di Ji-yong Kim collabora egregiamente con gioco di specchi, riflessi, riprese dietro un vetro. Anche le panoramiche sulle distese verdeggianti di Corea sembrano costruzioni da teatro di posa, l’unica cosa autentica è quell’alta marea del finale, agghiacciante e superba.

 Il primo fermo immagine sullo sguardo del detective è l’unico punto fermo: guarda Seo-rae, la moglie sospettata, e s’innamora all’istante. Viene scritta in quel momento l’ennesima pagina dell’eterno mistero: affinità elettive? chimica di corpi immersi nello spazio? Amor ch’ a nullo amato amar perdona?

Sia quel che sia, i due incrociano le loro vite in un assurdo balletto di amore e morte, i mariti diventano ben presto due (“Mi sposo per lasciarli” è la battuta che dà il titolo al film, detta da lei con sorridente umorismo), i cellulari e tutto l’armamentario elettronico oggi a disposizione dei corpi speciali, sono molto esibiti e sembrano non servire a nulla, contengono tracce utili all’indagine, solo che vengano lette.

Tang Wei

Decision to Leave (2021): Tang Wei

Lei sembra fatta per destare dei sospetti in quanto apparentemente ambigua ed enigmatica, in realtà non è una femme fatale fredda e manipolatrice,  con ampi margini di umorismo Park mette a fuoco il suo vero problema: la lingua coreana che conosce poco e su certe parole fra i due nascono simpatici intermezzi.

Lui ha una solida etica professionale, ma è anche un uomo tormentato,  insonne, ossessionato dai casi di omicidio che non ha risolto, e di cui conserva  foto del crimine nel suo appartamento. La bella vedova cinese in fondo è il suo ennesimo caso irrisolto e questo spiega la sua attrazione morbosa. E’ un bravo detective, vede con lucidità ciò che accade, ma a volte sembra affetto da oculopatia e Park lo filma spesso alle prese con gocce oculari.

Ha una moglie a Ipo-ri con cui vive un rapporto a fasi alterne. La distanza da Busan ha intiepidito la coppia, ma lei propone norme salutiste circa l’utilità di un rapporto settimanale e l’uso di infusi di melograno e tartaruga a guscio molle per la produzione di progesterone. E questa sembra l’unica cosa che le interessi, salvo fare le valigie alla fine e a sorpresa andarsene con un bell’esemplare di maschio più giovane del marito.

In commissariato la sospettata non sembra affatto esserlo, anzi, a dispetto dei collaboratori sottoposti che friggono di rabbia, il commissario le offre una scatola banto con dell’ottimo sushi che lei praticamente divora.

Infine la lingua.

Park ha evidentemente a cuore il sistema umano di comunicazione, sa bene che tutto passa di là, ma sa anche che immagini e parole spesso confliggono.

Cosa scegliere? Le parole sono ambigue, ma il velo di Rashomon non lo è da meno; l’immagine seduce, capta, avvolge, strangola, la parola la trasferiamo da una lingua all’altra come una valigia, ma quando arriva è come è partita?

Dunque non c’è una verità da raccontare, svelare, promulgare; i flashback, frequenti, sono riflessi immaginari, piuttosto che realtà oggettiva, c’è solo tanta vertigine e allora meglio fuggire, lasciare.

Il detective sposta residenza e base lavorativa a Ipo-ri (to leave, appunto) per trovare pace ora che ha tradito la sua etica e ha coperto una colpevole. Forse.

Ma troverà di peggio.

L’etica è relativa e soggiace a pulsioni consce e inconsce; l’amore, quando arriva, comanda, “non è né bello né brutto”, diceva la sacerdotessa Diotima a Socrate, “Non credere che ciò che non è bello debba essere per forza brutto, e che ciò che non è buono sia necessariamente cattivo. In modo analogo Amore, dal momento che tu stesso ammetti che non è né buono né bello, non credere che debba essere cattivo e brutto, piuttosto sarà invece qualcosa di intermedio tra i due.”

Intermedio, allora, come tutto il resto, di sicuro c’è solo il fine vita e trovare il modo che Park inventa nel finale è da Oscar.

Dalla Corea all’antica Grecia, passando per Rashomon e Vertigo, Park ci racconta la storia paradigmatica dell’uomo e della donna, dell’istinto ad uccidere e ad amare, a unirsi e a lasciarsi. E come morire, i tre modi presentati nel film non sono certo morti di vecchiaia.

Il montaggio rapido, l’eleganza della costruzione, tocchi di umorismo inatteso, la sensualità raffinata senza sesso, solo un casto bacio nel finale, hanno meritato a Decision to live il premio a Cannes per la Miglior Regia, la candidatura come Miglior Film Straniero ai Golden Globes 2023, il premio Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente Motivazione:

“La vertigine hitchcockiana torna nelle geometrie di Park Chan-wook, la cui destrezza tecnica o artistica non si esaurisce mai in sé ma cerca traiettorie per rappresentare il mistero, e il desiderio. Qui il mélo alla Wong Kar-wai sposa il thriller, mentre la protagonista Tang Wei segna l’incrocio tra Kim Novak ed Eva Marie Saint.”

Park Chan-wook a sua volta ha dichiarato: “Decision to leave è un film per adulti. Anziché raccontare la storia di una perdita come un evento tragico, ho cercato di raccontarla con leggerezza, eleganza e umorismo, rivolgendomi così ad un pubblico adulto”.

 

 

www.paoladigiuseppe.it 

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