Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 75 - CONCORSO - PREMIO PER LA MIGLIOR REGIA
"Ho perso la testa per una donna... ed annientato un'indagine".
Il cadavere di un appassionato escursionista ed uomo d'affari facoltoso viene ritrovato ai piedi di una pittoresca cima montuosa che si erge nel mezzo di una sontuosa boscaglia in Corea.
Ad occuparsi delle indagini viene incaricato il detective Hae-Jun (Park Hae-il) che deve capire in quale delle tre ipotesi ricade il caso: suicidio, caduta accidentale, od omicidio.
Mentre indaga tra le impervie montagne coreane, dove è stato ritrovato il cadavere del defunto, s'imbatte nella moglie della vittima, Seo-rae (la avvenente attrice Tang Wei). Il poliziotto, per nulla indifferente alla bellezza della donna di origini cinesi ma in grado di esprimersi correttamente in coreano, ed affascinato da quell'alone di mistero che emana, si rende conto che ella è destinata a divenire la principale sospettata del caso.
Durante i ripetuti interrogatori l'uomo, pur felicemente sposato, si renderà conto di iniziare a provare per la vedova sentimenti di attrazione incontrollati, che lo indurranno a mettere in dubbio il suo senso del dovere, rendendo l'indagine sempre più fumosa e complessa. Avranno modo di incontrarsi più avanti, quando la donna verrà coinvolta in un ulteriore morte del suo nuovo compagno.
Hae-Jun si renderà conto di essere completamente succube di quella misteriosa donna, incerto fino alla fine che si tratti di un angelo irresistibile, o di una mantide calcolatrice dal comportamento diabolico.
C'era comprensibile attesa per il ritorno in regia del gran cineasta coreano Park Chan-wok, assente dal 2016 della presentazione a Cannes del suo complesso, ma magnifico Mademoiselle, se si eccettuano i due episodi pilota di The little drummer girl, presentato alla Festa di Roma del 2018.
La capacità di direzione e costruzione, di organizzazione, di assemblaggio e taglio delle scene si rivela nuovamente una caratteristica portante del lavoro di Park Chan-wok, che ci spiazza con vedute aeree e scene in movimento da brivido, degne di De Palma e con la solida direzione superlativa, per la quale il premio alla regia attribuitogli dalla giuria del Festival, appare come un riconoscimento doveroso, pertinente e inevitabile.
Quello che tuttavia può risciare di lasciar perplessi, è l'accanimento che pare inevitabile per una vicenda che certo sfrutta le atmosfere misteriose e fosche tipiche del noir, ma che diventa anche schiava di troppe incognite e sviamenti che trasformano lo script in una vicenda assai complicata e contraddittoria, tutta congetture e sospetti, in cui spicca il comportamento sicuro di sé di una donna-mantide che si merita un posto preciso tra le migliori dark lady della storia del cinema.
Una femmina fatale attorno alla quale gli uomini si sconvolgono, adoranti e servili sino a soccombere e morire nel peggiore dei modi, ufficialmente uno per suicidio, e l'altro per omicidio, come lei stessa placidamente ed implacabilmente ammette senza tradire alcuna emozione di sorta.
Con Park Chan-wok la seconda visione è quasi sempre d'obbligo, ed è stata stavolta in grado di permettere una valutazione ben diversa dalle incertezze che la prima visione ha trasmesso e suscitato nel sottoscritto, alla proiezione serale, sottotitolata in due lingue al Festival di Cannes e anche stavolta (come in Mademoiselle) circostanziata da due lingue da tradurre (coreano e cinese).
In Decision to leave, al di là dell'incanto tecnico/visivo da maestro consolidato e indiscusso quale è il gran regista in questione, l'ipotesi di trovarsi di fronte ad un thriller confuso che tende sol oformalmente a soluzioni hitchcockiane, scientemente patinate e poco amalgamate una con l'altra, tramonta nel momento in cui ci si rende conto di essere in mezzo ad una storia d'amore che due amanti maledetti e dannati vivono in modo sofferto, a caro prezzo per coloro che gli vivono cvicino: costoro infatti o muoiono, o sono costretti a fuggire.
Magnifica l'attrice ed ex modella Tang Wei, apprezzata in Lussuria di Ang Lee (2007), Blackhat di Michael Mann (2015) e Un lungo viaggio nella notte di Bi Gang (2018), qui impegnata a dar vita ad una dark lady scaltra ma anche forse amorevole ed innamorata, che non si può scordare
La splendida e straziante, ma anche ambigua come tutto il resto del film, la scena finale sulla spiaggia a ridosso della scogliera, che induce lo spettatore a contiuare a nutrire dubbi e perplessità su una vicenda che gioca proprio sulle incognite per risultare spiazzante.
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