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Lancillotto e Ginevra

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su Lancillotto e Ginevra

di Lehava
6 stelle

"Il fatto è che ognuno ha una propria idea di che cosa sia l'arte. Persino chi non la frequenta, la ignora, o la respinge. Se pure costoro si possono concedere un pensiero sull'arte, figuriamoci chi la pratica! Ancora peggio, chi la "produce"! O meglio, a chi la critica concede l'imprimatur di artista, cioè di inventore o scopritore dell'arte. Perchè, se da qualche parte una verità c'è, io credo essa stia nell'affermazione che l'arte è, al di là di ogni definizione, dove un pubblico la identifica come tale"

 

"Scusa, ma non riesco a capire come questo preambolo un po' sbilenco possa inserirsi nella nostra discussione"

 

"Scusa tu. Ma lo sai, a volte parlo ma solo per chiarire a me stessa un pensiero. Io credo che l'arte non esista ontologicamente. Essa è attraverso lo sguardo dell'altro"

 

"Carina, ma questo vale per tutto in fondo. E poi, questa discussione mi pare un po' sterile: come tutte, quelle troppo teoriche e generiche. Parli di arte tout-court: musica e cinema, pittura e danza. Bum: tutto nello stesso calderone!"

 

"Aspetta, aspetta. Forse hai ragione, semplifico. Me ne assumo la responsabilità. Però, stiamo discutendo fra noi. Non sto' scrivendo un trattato, concedimi grazia e perdono per la mia ignoranza. Però, le scienze hanno una valenza ontologica, in sé e per sé e pre-esistente all'uomo, a chi le esprime, studia, interpreta, scopre e via discorrendo. Almeno, spero (sai che non sono affatto scientifica). L'arte invece è nell'espressione. Peggio! Nella comunicazione di sé all'altro. Se fallisce, fallisce l'arte"

 

"Ma che deve comunicare mai l'arte? Che stai dicendo? L'arte non ha un messaggio, se non sé stessa!"

 

"Lasciami spiegare: non sto parlando di significato o interpretazione. Quelli, entrambi in fondo, sono appannaggio del pubblico. Ma se esso stesso non percepisce l'arte in quanto tale, allora in fondo essa non lo è. E, se anche la accettasse come tale, ma connotandola, esteticamente, nei contenuti etc come negativa, allora per forza di cose essa si autonegherebbe. Perdendo tutta la propria forza che è espressiva e comunicativa"

 

"Mi sto' veramente irritando! Ma non dovevamo parlare del film? Sei un po' confusa, mia cara. Molto cara, a me. Ma confusa. Perchè vedi, adesso farò una citazione seria: "C’è un’arte che tende direttamente a provocare sensazioni, e c’è un’arte che fa appello ai sensi passando per la strada dell’intelligenza. C’è un’arte che coinvolge, che crea empatia. E c’è un’arte che distacca, che produce riflessione" - ebbene sì, Susan Sontag. Bresson è appunto il regista del distacco, e della riflessione. Non ha importanza quel che vedi, ma proprio quello che non vedi. Non sono pesanti le parole pronunciate, ma il silenzio che opprime. Non la musica, ma il rumore. Non l'interpretazione degli attori, ma assolutamente la loro non-interpretazione. Bresson è il regista del trascendente: dell' impersonalità, della non-intuizione, della negazione dell' emozione. In lui, il contenuto incide poco sulla forma. Perchè è attraverso la forma, che, appunto, si trascende. D'altronde, egli è anche il regista della spiritualità, che si eleva dalla forma. E infatti non è forse Dio (e Bresson era giansenista, questo lo sai) l'espressione del trascendentale per eccellezza? Siamo tanto più certi della sua esistenza e presenza quanto nell'assenza e nella mancanza di esperienza! (ok, Dio è anche immanenza, Giordano Bruno docet, ma non entriamo in discussioni troppo complesse, cancella questa faccenda di Dio, forse è meglio). E non le dico io queste cose! Leggiti Paul Schrader, che è pure piacevole!. Ragionaci bene. riguarda il film più volte, e poi tu stessa mi spiegherai perchè "Lancillotto e Ginevra" è un capolavoro assoluto, che spinge a scavare dentro sé stessi e guardare oltre sé stessi. Attrraverso una forma asettica e stilizzata come un' icona. Senza le sovra-strutture in cui la nostra cultura, in fin dei conti utilitaristica ed abituata ad un certo "tipo" di arte, ci ha ingabbiati"

 

"Fammi parlare! A parte che non sapevo del giansenismo (e se ripenso a manzoni mi inacidisco subito quindi non nominarlo invano!), ed adesso mi spiego perché la trasmissione su una rete "vaticana!" Ma, a parte tutto, io credo che un film, tutti i film! dovrebbero essere in qualche modo compresi "in quanto tali""

 

"Sbagliatissimo"

 

"Fammi parlare! Ammetto vari livelli di comprensione e conoscenza, ma qualcosa…qualsiasi cosa…dovrebbe dirmi o darmi. Comunque. Ecco, io non ho percepito nulla, in questo "Lancillotto e Ginevra"

 

"Anche il nulla è un percezione mia cara! E comunque, quello è un problema tuo"

 

"Ma che dici? Questo film è stato un mezzo disastro finanziario, e anche i critici non sono così unanimi nell'affermazione del suo valore. L'arte deve avere uno spicchio di popolarità: altrimenti, come detto sopra, non è tale. Non contesto Bresson: contesto questo film. Mentre tu ami Bresson, e quindi ami questo film. Sei tu a sbagliare! E poi, questa faccenda del trascendente a me non connvince: il cinema è la negazione della trascendenza. Per quanto mi riguarda, lo sono tutte le arti figurative. E come trasformare l'acqua in fuoco: impossibile! E quindi, perchè uno dovrebbe aspirare a farlo? E' una forzatura: Bresson avrebbe potuto dedicarsi alla poesia, meglio ancora alla musica!"

 

"Mi fai sorridere. Sei molto ingenua. Per dirla raffinatamente un pochino naif! Ma come non puoi intuire e riflettere sulla vacuità della storia e della Storia, come non puoi annaspare nel dolore del mondo, nell'insoddisfazione della condizione umana in questo "Lancillotto e Ginevra"?"

 

"Vorrei ma non ci riesco"

"Problema tuo. Ora cercherò di spiegarti: il film si intitola in originale "Lancelot du Lac" ed, come ci siamo detti più volte, il titolo è sempre, anche per negazione (ma non è questo il caso) una chiave di interpretazione. E' evidente che qui la figura centrale, ed unica, sia Lancillotto"

 

"Concordo. E anticipo la tua tesi: Bresson costruisce un film profondamente storico. Non nei costumi o nelle locations; non negli effetti speciali o nella musica. Questi, lasciamoli agli americani. Qui la "storicità" sta tutta nei presupposti e nei ruoli. Lancillotto è un cavaliere: quello che sa fare è combattere. Il suo posto è accanto ad Artu; il suo compito servirlo. Non sa parlare d'amore, lo sa solo provare. Non sa esprimere sentimenti o pensieri: sa agire. Per contr'altare c'è Ginevra: a nessuno interessa cosa lei provi, se sia bella leggiadra intelligente, bionda o bruna. E' una donna, quindi niente. O meglio, il suo valore sta tutto nella posizione. Lancillotto vuole Ginevra perchè vuole essere al posto di Artù: così tutti gli altri cavalieri. L'averla, senza essere Artù (come amante e non come marito) non solo è contro le regole morali e le leggi scritte e non, ma in definitiva, nega il possesso stesso. Il dramma sta tutto qui: Lancillotto aspira alla trascendenza, a ciò che intuisce ma non è: che si chiami Ginevra o Graal. Non può appropriarsene: è una impossibilità teorica, pratica, storica, personale. E quindi, la morte è l'unica soluzione: perchè non esiste vita nella consapevolezza della impossibilità di raggiungimento dei propri, definiamoli modernamente, "obbiettivi". Ma la sua natura stessa di uomo lo spinge alla ricerca instancabile: novello Ulisse nella accezione dantesca, che oltrepassa le colonne d'Ercole nella certezza dell'insuccesso!"

 

"Ma sai che sei quasi brava? E allora?"

 

"E allora niente! Perché tutto questo già lo sapevo, non mi serviva Bresson! Perché mi aspettavo un film che mi facesse riflettere, e nella riflessione, attraverso di essa: emozionare. Perché lo sai, che tutte le mie emozioni sono di testa. Una grande disgrazia, ma è così!"

 

"A parte che questo lo affermi perché ti piace coccolarti nell' idea rassicurante di te. Ma non è questo il soggetto della discussione. A me …"

 

"Ti interrompo e non me ne scuso, lasciami ancora dire: è stata una grande delusione, "Lancillotto e Ginevra". Mi aspettavo che mi si facesse riflettere sul nostro ruolo di misere comparse sul palcoscenico della vita: se sia "vantaggioso" afferrarla quella vita, ed indirizzarla con decisione anche contro ogni regola, legale, morale etc oppure assecondarla, come una albatros (mi piaceva questa citazione alla Coleridge) che si lascia trascinare dalle correnti. E che ruolo avesse, se uno ne ha, Dio in tutto questo. E questa domanda credo sia particolarmente pressante per il giansenista Bresson. Ma io, non ho visto amore, nè passione, non ho visto rimorso o coraggio, non ho visto fedeltà o infedeltà, non ho visto dolore, non visto dubbio o certezza. E neppure li ho immaginati, intuiti, pensati. Lancillotto sembra confuso ed insoddisfatto di sé, alla ricerca di una buona ragione (o scusa) per morire, in un mondo dove la morte era esperienza quotidiana. Non c'è scelta: Ginevra è l'unica donna sulla scena, una ragazzina capricciosa che non guarda mai in faccia il proprio interlocutore. La si possiede. Ma in fondo no (e allora forse era meglio non possederla del tutto). Si dipinge Mordred come infingardo e traditore: ma non è forse l'unico che, gratta gratta, afferma la verità del re nudo? Lancillotto aspira allo scardinamento dell'ordine costituito, ma senza desiderio (forse è anche per questo che la ricerca del Graal è tanto infruttuosa), senza convinzione e motivazione: vorrebbe indirizzare la propria vita, ma lo fa seguendo la corrente. Una mezza via senza intelligenza emozione e pensiero: in verità senza neppure azione: o meglio con troppe azioni (va e viene, tradisce e poi difende, rinnega e poi afferma) che si annullano l'un l'altra nel disordine. Mi ribello a questa idea di trascendenza che è appunto un Graal, alla cui ricerca lo spettatore è invitato a partecipare. Ma di cui non si indovinano né le caratteristiche, né le co-ordinate, né le finalità. Come a dire il grande illimitato ed indefinito vuoto cosmico"

 

"Come diceva il buon Hermann Hesse "arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio" Mi piaceva questa citazione, ma non ci azzecca proprio! "Lancillotto e Ginevra" è un atto di fede: e la fede, o ce l'hai o non ce l'hai."

 

"Appunto, io, in questo film, non ce l'ho"

 

"E allora abbi coraggio e scrivine una recensione. E che sia dettagliata e sincera. E se necessario preveda due stelle. O addiritura una se è questo quello che pensi"

 

"Non esageriamo dai! E' vero: ho trovato sgradevole il sonoro, troppo puntato sui nitriti dei cavalli, il cozzare di spade e lo stridere di armature, il suono ripetitivo e stridulo della cornamusa. Astrazione allo stato puro, come il sangue che zampilla liquido e pompeiano dalle armature depapitate, ed un colore che non è colore, inesistenti alcune tonalità (il verde degli alberi o delle vesti) . La luce è artificiale anche negli esterni, livida e disturbante. Sulle inquadrature, già hanno scritto abbastanza ed abbastanza bene altri prima di me: tagliate spesso nella metà superiore (quindi, via mezzo busto e testa), e comunque quasi sempre "parziali". Una attenzione al particolare, tanto e soprattutto quando ininfluente (l'occhio del cavallo, la cornamusa). La forma che impera, in una estetica del tutto personale! E mi pare profondamente indivualista. Il contenuto? Talmente risaputo da non meritare citazione, in un taglio critico che annulla ogni magia o suggestione a fronte di un realismo irreale estremo.

Quel che sia, comunque, in fondo in fondo, se mai ne scrivessi, significherebbe un movimento interiore di idee e sentimenti: e non è poco"

 

"Eccola, la contraddizione che aspettavo! Perché, se ci pensi bene, il trascendente è proprio lì. In quella terra di nessuno che è il tuo pensiero a riguardo ad esso. E la nostra discussione che ne è scaturita."

 

"E allora, mettiamola in questi termini: accetto la possibilità di essere in errore. Ma concedimela, lasciandomi nella mia certezza delle due stelline e mezzo. Magari, fra qualche mese, all'ennesima visione, mi auto-replicherò. Adoro mettere in discussione le mie convinzioni!"

 

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