Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Lancillotto e Ginevra è, come tutti i film di Bresson, opera scabra e rigorosa, che non contiene alcuna concessione allo spettacolo tradizionalmente inteso. Anche per mostrare il torneo, il regista sceglie un'ottica tutta particolare, concentrandosi soprattutto sui cavalli, con la loro sofferenza (quasi fossero parenti dell'asinello Balthazar), e sui contendenti abbattuti dal cavaliere misterioso.
Quello che interessa a Bresson, comunque, sembra essere specialmente il clima di smarrimento che pervade la reggia di Camelot, dopo il fallimento della ricerca del Graal, percepita dai cavalieri superstiti come un segno dell'abbandono da parte di Dio. E del resto, l'amore clandestino tra i due personaggi del titolo, che tradiscono la fiducia del bonario Re Artù, somiglia da vicino al peccato di Adamo ed Eva: sia il cavaliere che la regina sono ormai consapevoli della gravità del comportamento cui li ha condotti il loro amore, ma, nonostante i buoni propositi di Lancillotto, non riescono a reprimerlo. Al tempo stesso, i semi dell'invidia e dell'ambizione hanno germogliato tra i cavalieri della Tavola Rotonda (di tale forma perché i cavalieri che vi sedevano attorno dovevano avere pari dignità) e in particolare nell'animo di Mordred, che mira a scalzare Lancillotto dal cuore del sovrano. L'unica possibile uscita di scena dignitosa per il cavaliere sarà, allora, morire nella difesa del proprio re, avendo sulle labbra il nome dell'amata.
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