Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Come dare torto a Morando Morandini quando scrive che rispetto a Bresson "Antonioni sembra un regista commerciale" dopo aver visto Lancillotto e Ginevra, il più costoso e ambizioso film del regista francese? Peccato che lo stesso Morandini si soffermi sull'ascetismo stilistico del cineasta d'oltralpe, esaltandolo. Più prosaicamente e fantozzianamente, Lancelot du Lac è una boiata pazzesca. La storia è quella epica e arcinota del crociato Lancillotto (Simon) che, tornato a mani vuote e con una contabilità gravemente in rosso di perdite umane dalla ricerca del santo Graal, si inimica re Artù (Dalsan) amandone la sposa Ginevra (Duke Condominas). È la via più rapida per trovarsi contro i lacché del regnante, che Lancillotto è costretto a sfidare il duello. A Hollywood ne avrebbero fatto un film in 3d. Bresson invece predilige l'immobilità della macchina da presa, la recitazione straniata e monocorde (un ragazzino di scuola media costretto a recitare "Pianto antico" di Carducci modulerebbe la voce in maniera più professionale), i dialoghi di una pomposità degna di Carmelo Bene. Cinema letargico, inerte, malmostoso, laconico, roba da accogliere il calpestio degli zoccoli e lo sferragliare delle armature come un'inaspettata scarica adrenalinica.
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