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Don't Look Up

Regia di Adam McKay vedi scheda film

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La recensione su Don't Look Up

di Antisistema
4 stelle

Cosa è successo al caro Adam McKay, non lo so spiegare, eppure il buon Vice (2018), nonostante una regia di certo non brillantissima e qualche furberia di troppo nel suo copione, comunque dimostrava una certa argutezza e cinismo nella scrittura, ce in questo Don't Look Up (2021), viene del tutto meno, annacquandosi in un gigantesco metaforone di grana grossa sul cambiamento climatico (nelle intenzioni di Leonardo Di Caprio) o sulla gestione della pandemia da Covid19 (come letto oramai da tutti), procedendo con fare pachidermico lungo le oltre due ore e venti di durata, che se non fosse per le merdate della Marvel uscite nel 2021 e qualche altra cazzatina Disney, concorrerebbe a giocarsi il primo posto come merdata dell'anno senza alcun dubbio, con l'aggravante di essere un'opera che dietro la scusa della satira e del grottesco, in realtà dimostra una pretenziosità irritante derivata dall'ego del proprio regista co-sceneggiatore, il quale si percepisce come un autore brillate, ma in realtà è solo un mediocre, che gioca con la politica e l'attualità per darsi un tono, senza saper gestire il meccanismo che ha tra le mani, il quale gli scoppia beatamente tra le mani.
Una cometa cadente tra i 5 ed i 10 km di diametro è in rotta di collisione con la Terra, avendo poco più di 6 mesi per evitare l'infausto destino, questo è il tempo calcolato dal professore di astronomia Randall Mindy (Leonardo Di Caprio) e la dottoranda Kate Dibiaski (Jennifer Lawrence), ma i loro allarmi rimangono inascoltati dalla presidente degli Stati Uniti (Meryl Streep), la quale teme conseguenze negative sulle elezioni di metà mandato, salvo poi convincersi nel fare qualcosa spinta dalle lobby industriali tecnologiche del suo paese, che hanno visto nella cometa un'affare remunerativo con cui fare una barca di soldi, cercando di risolvere il problema secondo la mera logica del profitto e non invece per garantire la salvezza dell'umanità nel suo insieme; quella di McKay è un ritratto di un paese diviso, dove le lobby controllano la politica (poichè da essi finanziata durante la campagna elettorale), decidendo senza riguardo alcuno i destini dell'intera umanità; il ritratto dell'uomo d'affari di Mark Raylance, seppur recitato con una voce artefatta-impostata da palo nel culo, è senz'altro la cosa migliore a livello di scrittura propostaci dal film, insieme alla caricatura palese di Donald Trump messa in scena in modo convintamente divertito da Meryl Streep, la quale in ogni frame non vede l'ora di rispedire al mittente le accuse di essere un'attrice sopravvalutata, cosa che tra l'altro le riesce molto bene, nonostante bisogna dire che Trump stesso fosse una parodia vivente, anche se molto più seria, poichè era la realtà dei fatti, mentre McKay spinge nella scrittura il pedale così all'eccesso nella descrizione dei suoi personaggi, da trasformare il suo film in una farsa inverosimile priva di cattiveria e per via di una materia troppo oltre le sue capacità, se Streep, Di Caprio ed in parte Blanchett ce la fanno, Jennifer Lawrence invece naufraga miseramente negli eccessi attoriali assieme alla sua Kate. 

 

Jennifer Lawrence, Leonardo DiCaprio, Rob Morgan

Don't Look Up (2021): Jennifer Lawrence, Leonardo DiCaprio, Rob Morgan


Don't Look Up, è un'opera troppo piena e stipata di roba, che ebbra della sua supposta intelligenza, sbatte in faccia allo spettatore l'ego cosmico di un cineasta. che finisce con il reiterare il meccanismo base e le battute comiche (quattro volte gli snack gratis e basta!) nell'arco di oltre due ore, con conseguenze nefaste sul ritmo di una pellicola, la quale avrebbe giovato un benefico taglio di circa mezz'ora, invece di andare avanti per una costruzione di montaggio pensata dopo e non di certo prima, con un senso di improvvisazione che se il montatore Corwin lo avesse gestito con Oliver Stone o Malick, il caos informativo-audiovisivo, avrebbe avuto esiti artistici migliori, così invece sono scelte calate dall'alto per fare originalità a tutti i costi, senza un costrutto sensato, finendo con il far soccombere la satira a delle tesi politico-ideologiche a senso unico, alla lunga deleterie, perchè i virtuosismi tecnico-narrativo-dialogici, non sono tenuti insieme da un pensatore sociale all'altezza della materia trattata. 
Siamo nel 2021, ma per McKay è come se fossimo in pieni anni '90, la cometa cadente capace di estinguere l'umanità con il proprio impatto distruttivo, è un'affare prettamente americano, il resto del mondo viene clamorosamente tenuto fuori, il che finisce con l'eliminare il messaggio globale sul clima di cui l'opera voleva farsi portatrice; Cina, Russia, India ed Unione Europea, sono totalmente trascurate, poveri idioti che possono al massimo pregare e sperare che la super-potenza americana sia in grado di fare qualcosa, ma ciò al giorno d'oggi è totalmente anacronistico visto che abbiamo a che fare con altrettante super potenze nucleari ed in grado di gestire il problema, invece di risultare succubi di un destino deciso dagli USA, di cui il regista tra l'altro nel finale, per tenere il piene in due scarpe, ci immerge in retorica intrisa di un patetismo buonista da latte alle ginocchia, decidendo di assolvere tutto l'insieme del popolo americano in modo paternalista, che sia democratico o repubblicano (davvero nessuno guarda sù sino all'ultimo momento? E quando lo fanno si convincono del pericolo? McKay evidentemente non conosce nulla del pensiero negazionista), dando la colpa esclusivamente alla classe dirigente, come se poi questa non fosse espressione del pensiero e della volontà degli elettori, il che porta alla morte della satira, che se non è cattiva, non fà male e non risulta irriverente, alla fine non sà di nulla, non andando troppo le banali riflessioni ultra-didascaliche del duo Di Caprio-Lawrence, sul caos informativo presente in rete dove tutto si perde nell'oceano infinito degli algoritmi digitali e su come argomenti seri vengano banalizzati in tranquillità da barzelletta dai mezzi d'informazione, tra tutti il programma televisivo condotto da Brie (Cate Blanchett), verrebbe da dire chiara metafora di Don't Look Up, un fallito Dottor Stranamore di Stanley Kubrick (1964), che basava le proprie conclusioni su un pessimismo antropologico senza scampo, dove la tragedia sarebbe destinata a ripetersi all'infinito per via della natura umana, elemento la cui analisi nella pellicola di McKay viene completamente tenuto fuori campo; la critica pare essersene accorta bastonando una volta tanto l'opera, ma coloro che invece gestiscono i premi, hanno deciso di pompare tale merda (addirittura tra i 10 migliori film dell'anno secondo l'AFI!), tanto che in tutta probabilità, ce la ritroveremo agli oscar in molte categorie, niente male per l'ipocrisia di un regista che gioca a fare l'anti-sistema ma in realtà è solo un conformista, con l'aggravante di non ammettere di essere tale. 

 

Meryl Streep

Don't Look Up (2021): Meryl Streep

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