Trama
Nadia è un'adolescente "scomoda" che vive a Trieste, città di confine tra tante culture, un luogo spazzato da un vento potente. Qui, Nadia cresce coltivando una solitudine da cui uscirà in modo inatteso.
Curiosità
LA PAROLA ALLA REGISTA
"La sceneggiatura si legge senza prendere fiato mentre lo stomaco si contrae, fatta di personaggi che subiscono la vita nel disordine e l’inerzia. Nadia è una ragazzetta attraente che si muove in un inevitabile grigiore con una famiglia affettuosa ma immobile nel destino della periferia, non degradata, solo difficile e sciatta. Trieste è una città con le strade pulite, il centro sontuoso è stretto da vecchi quartieri operai ora abitati da persone della ex Jugoslavia che a tratti sembrano trasformare un tranquillo clima popolare in una bomba a orologeria, con il miscuglio di religioni, antiche divisioni mai sedate, rancori mai risolti. Una Trieste sconosciuta ai turisti con un porto in perenne crisi ma tuttora vivo, con i cantieri affollati di mano d'opera indiana e cargo e traghetti in partenza per l'oriente. Un traffico rarefatto ma che ancora porta in città l'estraneo, il nuovo. Il luogo giusto.
Ma la storia è universale e potrebbe essere ambientata in qualsiasi città, grande o piccola, italiana o estera; la vita è molto più contraddittoria della finzione. Non c'è spazio per il giudizio; è necessario aprirsi in un ritratto che punta all’interno e mai all’esteriorità. Perché è la potenza espressiva di Nadia che sostiene la forza narrativa e non l’intreccio, in un’alchimia necessaria tra protagonista e narrazione. I personaggi che la circondano restano sullo sfondo. La messa in scena dei fatti non sarà solo una scelta stilistica ma una conseguenza che produce dolore perché il corpo crea verità. E perché Nadia non analizza, vive e soprattutto si lascia vivere in una dimensione di perenne contraddizione, com’è la vita. Come la brutalità di chi la violenta, quella di Brando, che denuncia labili tracce di umanità in un ambito di certezze acquisite in fretta e male, e una natura aggressiva quasi autistica.
Brando non è la bestia, non fa parte del branco e non è neanche un balordo a tutto tondo ma colpisce più duramente perché il suo agire non concede nemmeno il riscatto dell’odio o della vendetta. Le minacce ricevute, nemmeno ben studiate, inducono Nadia a dire alla famiglia che è incinta ma non sa di chi, la costringono al silenzio perfino con la sorella maggiore. La narrazione coglie queste dinamiche in contraddizione tra loro lavorando sempre solo sui corpi, più sulla postura che sulle parole e sulla gestualità abitudinaria.
Manuela, la sorella di Nadia è l’unica a intuire che c’è qualcosa di poco chiaro e tace anche lei, ma questi personaggi sono molto lontani dal concetto di comunicazione, sono solo travolti dalla solitudine, altro necessario elemento di ricerca e di racconto. Ma seppure in una dimensione statica, come di chi lascia che la vita le scorra addosso perché non ce la fa a determinarla, Nadia fa uno scarto dinamico, anche se compiuto nello stesso clima inerte. Sceglie di tenere il bambino contro ogni logica e va a lavorare per mantenerlo. Incartata in una divisa a buon mercato mentre si affanna tra le macchine, Nadia torna a casa e regala al piccolo un sorriso più intenso di quelli che ha ricevuto.
Lo sguardo di Nadia è spesso perso nel vuoto ma anche distrattamente concentrato in quello che fa. Si sofferma a prendere fiato, appoggia la fronte al palmo della mano ma rispetta gli orari, quelli che le hanno fatto perdere la scuola durante la gravidanza ma che non le faranno perdere il lavoro anche se lo detesta. Durante i lenti viaggi di spostamento la ragazza sembra quasi un automa. Questo sentimento ambivalente, a cavallo tra lo sfinimento e la rassegnazione, è la chiave narrativa che dovrà evitare qualunque passo falso verso una pericolosa presa di posizione. È la storia che accade al settimo piano del casermone in cui vive ma se fossi andata all'ottavo?".
Trailer
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Commenti (6) vedi tutti
Sceneggiato alla meno peggio, risulta lento, sonnacchioso e con inutili lungaggini. Zunic necessita di un corso di dizione. Nel complesso mediocre e insignificante.
commento di gruvierazMi dispiace per la brava Alma Noce ma come Film è assai triste,poco coinvolgente e con rari momenti d'emozione.voto.3.
commento di chribio1Situazioni improbabili, dialoghi pure, storia piattissima... non mi sembra un buon modo per trattare un argomento così "grave"... :-/ L'interpretazione della ragazza è la meno peggio. E certi scorci di Trieste così... estemporanei e slegati dal contesto... sembrano più un operazione commerciale dell'APT locale... :-/ Voto = 2
commento di CriticatruttoUn dramma realista, o forse anche un po' surrealista visti certi comportamenti, che espone i fatti nudi e crudi e lascia che a parlare siano più le espressioni che le parole. Non esprime giudizi nè particolari considerazioni ma demanda ad ogni singolo spettatore questo compito. E' infatti un film che non può lasciare indifferenti.
commento di bombo1Un bel film,reale,lontano anni luce dalle produzioni ridicole e penose del nostro cinema (salvo casi rari) prodotto negli ultimi anni....con sale vuote!!
commento di ezioCoraggioso ma con tempi narrativi troppo dilatati
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