Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Shigeru è un netturbino sordomuto con la passione per il surf. Un giorno, trovando una vecchia tavola malandata in un bidone della spazzatura, decide di mollare quasi totalmente il lavoro per dedicarsi al surf. Inizialmente è deriso da i suoi "colleghi", che notano il suo palese impaccio iniziale nell'approcciarsi allo sport. Poi conosce Takako, una ragazza anche lei sordomuta. Fra i due la tenerezza e immediata, e lei inizierà a seguire il protagonista nelle competizioni locali, e fungerà da tramite con il gruppo degli altri surfisti. Come si può descrivere a parole un film che, di suo, praticamente non le usa? Kitano mette insieme con 4 spiccioli una poesia puramente visiva, che fa del silenzio, della sottrazione e della leggerezza i suoi punti di forza assoluti. La vicenda di Shigeru è tutt'altro che spettacolare, è anzi piuttosto monotona. Ma dove risiede la forza dei grandi film se non nel rendere straordinario l'ordinario? E questo è forse il film in cui Kitano riesce meglio nell'intento, perchè la vicenda non solo riesce a toccarci nel profondo, ma lo fa in modo silenzioso. Le non-parole dei protagonisti, i loro lunghi silenzi, i loro sguardi fuggenti, la loro tenera complicità. Frammenti di vita, frammenti di neorealismo anti postmoderno, frammenti di vero cinema. E se Ozu ha insegnato a elaborare un cinema fondato sulla antinarratività e sull'antispettacolarità, Kitano ha riattualizzato la lezione insegnando ai giovani cineasti che, a volte, un silenzio vale più di centomila parole. Il film è inoltre l'inizio di un sodalizio duraturo fra Takeshi Kitano e il compositore Joe Hisaishi, che per questo film scrive delle partiture semplicemente perfette, che si integrano perfettamente nell'amalgama silenziosa. Imperdibile.
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