Regia di Raphaël Delpard vedi scheda film
Misconosciuto horror francese che per associazione, data da una fonte ispiratrice comune, ricorda Suspiria e Il profumo della signora in nero. Film povero, ma oltraggioso e coraggioso, ammantato di risvolti socio-politici (al pari di Hanno cambiato faccia). Strepitosa l'ingenua e virginale protagonista, sorta di novella Biancaneve sventurata.
La giovane Martine (Isabelle Goguey), dietro indicazione del fidanzato Serge (Michel Duchezeau), inizia a lavorare - a fissa dimora - come infermiera a Deadlock House, una casa di riposo isolata. Martine apprende da Nicole (Charlotte de Turckheim), una collega, che per i primi due mesi d'assunzione alle dipendenti non è concesso alcun giorno di libertà. Sin dall'inizio la ragazza nota particolari inquietanti che riguardano i vari degenti: ognuno di loro presenta strani comportamenti, in particolare però Martine è sconvolta dal loro modo di mangiare, regolato da insolite diete a base vegetariana. Inoltre la direttrice dell'ospedale, Hélène (Betty Beckers), tiene un atteggiamento eccessivamente rigido e severo. Quando Nicole scompare senza avvertire nessuno, abbandonando la valigia con i suoi effetti personali, Martine inizia a indagare. Forse i pazienti della clinica non sono del tutto vegetariani, vista la presenza di carne rinvenuta nei posti più inattesi. Articoli di giornale fanno inoltre riferimento a un "killer dallo spillone dorato", un assassino particolarmente attivo nella zona, che trapassa da parte a parte il collo alle sue vittime femminili mediante una sottile asta appuntita, rivestita in oro.
"Ci sono veli che si sollevano senza saperlo. Terribili veli. Quando trafitti, le paure sono in crescita. La ricerca di segreti proibiti non è saggia. Abbiamo ingannato il tempo e ora la nostra eroina, bella e giovane, deve pagare: questa fragile bellezza diventerà vittima. Ha visto la morte, conosce la morte e il suo segreto. La sua innocenza è una condanna a morte." (Lirica di "Moi, je te hais - La nuit de la mort", cantata a due voci sui titoli di coda)
Attore, regista e sceneggiatore, il francese Raphaël Delpard (classe 1942, tuttora vivente) ha trattato in maniera poco prolifica svariati soggetti cinematografici (in genere drammatici e commedie), diretto un paio di documentari e un film televisivo. Senza mai raggiungere esiti brillanti, tantomeno memorabili. In due occasioni però si è fatto trascinare dall'horror: prima con questo La nuit de la mort!, quindi con il misconosciuto Clash (1984). Da questi ristretti e limitati confini, ci sarebbe dunque da attendersi poco mentre ci si pone a visionare questo film. Povero, tanto per iniziare, nel senso che è un low budget circoscritto a una location (la villa di riposo), con attori poco noti e altrettanto poco attivi. Isabelle Goguey, la virginale e delicata protagonista, ad esempio dopo questo sarà presente come attrice solo in altri quattro titoli (commedie) mentre, e non lo si direbbe nemmeno a vederla in azione, stando all'imdb come assistente alla regia, quindi mai convolta come performer, è stata all'opera su set a luce rossa, impegnata cioè dietro la macchina da presa in hardcore tipo Extases impudiques, Super excitation love, I porno zombi, Jeunes couples déchaînés e altri sette porno sino arrivare a Sodome party (1984). Una doppia identità alla Jekyll & Hyde, per come contrasta il suo coinvolgimento "dietro le quinte" (nascosto) con l'aspetto innocente e pudico (esposto) che invece risalta in questo La nuit de la mort!.
Pellicola che inizia con un canto femminile inquietante (ripreso e concluso al termine, con un coro a due voci ancor più agghiacciante) per poi ruotare attorno all'eterno soggetto immortale di Biancaneve, ossia quello delle favole contadine che raccontano di streghe, assassini, uomini neri e più generici "mostri" divora bambini, sotto all'attenzione dei quali entra - in imminente pericolo di vita - un'esile, gracile ma sensuale lolita innocente. Forse è questo il motivo che accosta in maniera simbiotica il film di Delpard a Suspiria (Dario Argento, 1977): la presenza di una protagonista adolescente, angelica, virtuosa e generosa (si prende cura degli anziani ricoverati con affetto e umile altruismo), circondata invece da viscidi anziani - o meno vecchi storpi - che si servono (metaforicamente mangiandone le carni) delle forze "vitali" dei più giovani per prolungare la loro squallida esistenza. Non propriamente demoni o streghe, magari più simili a vampiri con la differenza che invece di succhiare sangue alle vittime ne dilaniano le carni. E viene per forza di cose, e associazione di idee, alla mente anche Francesco Barilli, regista del superlativo Il profumo della signora in nero (1974), film evocato per affinità elettiva e impostazione grafica in due o tre occasioni durante i pasti collettivi antropofagi, con la vittima nuda, stesa su un tavolaccio, mentre un sottofondo di tenebre (cioè oscuro, senza luce) circonda il gruppo di affamati cannibali. Che Delpard avesse presente i due fim italiani? È probabile ma non lo sappiamo con certezza, dato che il soggetto attinge a temi ampiamente pre-esistenti allo stesso Argento e a Barilli, folcloristici e connessi in buona parte all'universo simbolico degli archètipi.
La nuit de la mort! è un film girato ai minimi termini, gli attori fan quel che possono ma Isabelle Goguey è memorabile e riesce a sostenere la parte con estrema partecipazione, trascinandoci con lei in un incubo dai tratti granguignoleschi. Il sangue scorre copioso: eviscerazioni dall'aspetto estremamente realistico, estirpazione di occhi, amputazioni di mani e spilloni che attraversano il cervelletto per affiorare insanguinati dalla gola. Per citare i fratelli Grimm - e la già menzionata fonte che sta alla base de La nuit de la mort! - qui abbiamo "una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue" che ha a che fare con mostri immortali, dalle umane sembianze. Ma la conclusione non è rassicurante e non la si può raccontare per conciliare il sonno ai bambini: il bacio del principe azzurro stavolta non risveglia la principessa addormentata, anzi ha la stessa funzione traditrice, raffigurata in svariate opere pittoriche, che ebbe quello di Giuda. Raphaël Delpard, affabulatore macabro e forse qui alla sua migliore pellicola, per certi aspetti accostabile a quelle più riuscite del connazionale Jean Rollin, procede per accumulo di orrori, sfiorando intenzioni politiche come nelle favole più inquietanti, arrivando in fondo anche a privarci, sadicamente, di un lieto fine.
"Tu ameresti un uomo come me? Non dico me, intendo un uomo come me..." (Flavien/Michel Flavius, l'ossessionante custode storpio che insinua le grazie della protagonista)
"Non è vero che il destino si introduce alla cieca nella nostra vita: esso entra dalla porta che noi stessi gli abbiamo spalancato, facendoci da parte per invitarlo ad entrare." (Sándor Márai)
Trailer
F.P. 24/03/2021 - Versione visionata in lingua francese (durata: 94'32")
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta