Sul tema degli italiani all’estero,lo sguardo di Brusati è molto severo.Il suo giudizio è più brutale e spigoloso nei confronti dei conterranei,che riguardo agli scostanti svizzeri tedeschi,peraltro giudicati a ragion veduta,classisti e razzisti, egli rimprovera agli emigranti italiani,il vittimismo,il fatalismo, l’arte di arrangiarsi e la capacità di accettare e perfino di ridere sulle proprie disgrazie e condizioni di vita, che non legge come un pregio, ma un limite, che impedisce, alla nostra gente, di crescere, maturare ed emanciparsi.
"Pane e cioccolata" ha la capacità di far parlare i propri personaggi, raccontando se stessi, ma soprattutto di noi.Bella e significativa la lunga sequenza dei festeggiamenti nelle baracche dei migranti, dove sono visibili e palpabili il calore umano e il sorriso del nostro popolo,ma anche il suo senso di rinuncia, la totale resa al destino, quel fatalismo che fa confidare in una salvezza, calata dall'alto.
L'escalation del degrado infernale, trova l'apoteosi nell'inquietante sequenza dei migranti che vivono in un pollaio,costretti a non potersi nemmeno alzare, per la ridotta altezza dell'ambiente . Il luogo comune, che vuole l'italiano allegro e festaiolo è qui declinato al minimo,nella sequenza aberrante di versi e movenze da pennuto, che i vari abitanti del pollaio assumono uno dopo l’altro,un momento di tragico e surreale teatro dell’assurdo,dal tratto agghiacciante.La crisi d'identità di Nino raggiunge qui il culmine,chiede infatti agli altri ma io sono come voi? e la risposta è ancora più inquietante:identico. Nino Manfredi ci regala una delle sue più intense interpretazioni, sostenuto da un gran lavoro di sceneggiatura e regia, su uno dei personaggi più profondi e memorabili della storia del nostro cinema.
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