Regia di Franco Brusati vedi scheda film
Si tratta di una realtà triste, cruda, un po' patetica, forse dimenticata, ma certamente attuale: stati d'animo, problemi e luoghi comuni di un immigrato italiano in Svizzera, ma, forse, il discorso può essere allargato in generale alla vita/non vita di emigrati in un paese straniero. Poche gioie, il lavoro ad ogni costo, i sogni di un ritorno trionfale (che, certamente, non avverrà), la dignità, gli svizzeri belli e puliti (stessa aria che si respira in Brutti, sporchi e cattivi, 1976, di Ettore Scola), i pregiudizi, forse il razzismo.
Molto bella l'interpretazione di un Manfredi simbolo popolare, che parla romanaccio e ha negli occhi la tristezza e l'umanità: un attore unico per il cinema italiano anni 60 e 70. I personaggi hanno spessore e sono, volutamente, stereotipi, per sottolineare la realtà comune tra gli italiani emigrati al tempo. La regia è in generale bella, nel presentare un panorama a dir poco sconsolante (scena simbolo la figura finale sule rotaie di un uomo che, ancora una volta, non ha scelta), ma purtroppo perde in coerenza, rimanendo a metà tra il reale e il grottesco: secondo me dovrebbe marcare lo stile che si vede nella scena del pollaio o subito dopo quando il protagonista si tinge i capelli o quando viene licenziato per aver fatto pipì. In tal modo sarebbe un affresco solo allegorico, un esempio grottesco.
2 e mezzo / 5
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta