La recensione su Jakob's Wife

di undying

4 stelle

Anche i migliori sbagliano: come dimostra la seconda regia di Travis Stevens, al servizio di una pasticciata commedia horror dai toni smaccatamente femministi. Questa volta, però, la presa di posizione a favore dell'emancipazione "casalinga" non fa effetto, per quanto apertamente di maniera.

Anne (Barbara Crampton), sposata da oltre trent'anni con il reverendo Jakob Fedder (Larry Fessenden), accetta un invito a cena da parte di Tom (Robert Rusler), suo ex fidanzato ai tempi del liceo. Nonostante sia terribilmente attratta, rifiuta le avances, finendo poi per subire un'aggressione notturna: un vampiro, dopo aver ucciso Tom, la morde alla gola. Da quel preciso momento Anne cambia improvvisamente carattere, vestendo elegante, atteggiandosi in maniera diversa nei confronti della vita, cercando quella libertà che, nel ruolo di moglie, le è sempre stata negata. Peccato che questa rivoluzionaria emancipazione richieda di pagare un grosso riscatto: la necessità di bere sangue, che diventa una regola quotidiana. Quando Jakob scopre la situazione, assieme ad Anne si mette sulle tracce del vampiro.

Deludente incursione di Travis Stevens nel sottogenere horror a base di vampiri. Jakob's Wife assume la configurazione di una commedia, senza mai sprofondare completamente nell'ironia, rinvigorita da alcune esagerazioni splatter, per nulla efficaci nonostante i litri di sangue artificiale versato. Il lavoro tecnico emerge sulla media di analoghe produzioni, mentre gli attori danno il massimo. A cominciare da Barbara Crampton, che mostra un aspetto da sessantenne ancora arrapata e arrapante (arriva a mostrare il seno, gradisce l'idea di essere desiderata da un amante, si masturba in maniera farneticante davanti alla finestra), alla ricerca di esperienze e sensazioni che non dovrebbero essere confinate ai soli primi quarant'anni. Larry Fessenden è addirittura spassoso nel ruolo del reverendo timorato da Dio: si lancia in una loquace parabola religiosa, tenuta in una chiesa affollata, sui doveri dei mariti nei confronti delle mogli, ma poi a casa tratta Anne come una cuoca, non le lascia finire un discorso interrompendola continuamente mentre parla, infine usa il letto matrimoniale solo per dormire (russando e agitandosi nel sonno).

In difesa di Stevens va detto che la sceneggiatura, piuttosto brutta, è da attribuire anche a Mark Steensland e Kathy Charles. Siamo, come ormai d'abitudine anche nel genere exploitation, di fronte al tema "rivincita della donna sopraffatta", in questo caso tra le pareti domestiche. Il vampiro (che ha le fattezze del Nosferatu di Murnau) compare così, senza uno straccio di spiegazione, avendo funzione catartica e liberatoria per il genere femminile, ovvero quella di far aprire gli occhi (e possibilmente anche la mente) alle inibite e deluse casalinghe per "passione" (intesa in senso cristico, ossia come tormento). In un significativo discorso il vampiro, esibendo grotteschi denti da ratto, afferma che in realtà non è stata Eva a sedurre Adamo, ma l'esatto contrario. Questo continuo e ripetuto soggetto, che allude allo scambio di ruolo tra uomo e donna (nell'accezione del dovere, della responsabilità e, infine, anche del piacere) ha logicamente un suo senso. Peccato che sia diventato un modo, ormai ripetuto senza innovazioni, per attirare la simpatia del pubblico, quando - e questo è il caso - le idee scarseggiano. Peccato davvero, anche perché la cinematografia è di qualità, non meno delle sentite partecipazioni del cast (da segnalare anche la presenza in una piccola particina di Sarah Lind, in seguito protagonista del ben diverso A Wounded Fawn, dello stesso Stevens).

"Tutte le casalinghe del mondo possono trovare le parole giuste per impiccarvi. Perché hanno un sacco di tempo libero per raccattare le parole giuste. Che penetrano e sprofondano."

(Paolo Sorrentino)

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