Regia di Antonio D'Agostino vedi scheda film
In coma dopo un incidente, un giovane sogna di essere Gesù Cristo risorto e di ripercorrere le sue vicende, scoperchiando però questa volta il marcio del potere in Italia: la corruzione della politica, gli intrallazzi della Chiesa, la diffusione della prostituzione nelle alte sfere; finirà ovviamente deriso e crocifisso.
Salò, parte seconda: l'esordio registico di Antonio D'Agostino è di quelli che non ti aspetti, oltre ogni possibile fantasia; il futuro pornografo, regista di (tra i tanti) La calda vita di Al Capone e Con mia moglie si fa tutto, debutta nel 1979 con questo La cerimonia dei sensi, che altro non è se non una propaggine del Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini. Avendolo frequentato a lungo – D'Agostino, pare, lavorò anche sul set di Teorema (1968), pur non accreditato – il Nostro sostiene che effettivamente il soggetto di questa pellicola sia stato suggerito precisamente dal poeta e cineasta di origini friulane, eppure a conti fatti sui titoli di testa l'unico credito di scrittura è riservato proprio ad Antonio D'Agostino. Quale che sia la verità, La cerimonia dei sensi rimane un film di discreto impatto, certo ingenuo in certe svolte e didascalico in più punti, ma con una messa in scena elegante, mezzi più che sufficienti e, quel che più conta, validi argomenti (l'autoconservazione del potere: nulla di nuovo, ma sempre meglio ragionare su questo che girare lavori barzellettistici e pecorecci come tanta parte del cinema nostrano faceva all'epoca – e come in seguito lo stesso D'Agostino d'altronde farà). Se il protagonista – il semisconosciuto Franco Pugi – non è granché espressivo, gli va comunque riconosciuto il physique du role nell'interpretare il Messia; tra tutti gli altri componenti del cast, pressoché anonimi alla stessa maniera, vale la pena ricordare l'esordiente ventenne Eva Robins, chiaramente adoperata dal regista in virtù della sua più che evidente androginia. Tirando le somme: non un capolavoro, ma un'opera con dei contenuti e ben disposta sulla scena; sugli sviluppi della carriera di D'Agostino, a questo punto, rimane soltanto rammarico. 4,5/10.
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