Regia di Jon Watts vedi scheda film
Costretto a crescere, Peter Parker si ritrova alla fine del liceo che, in ogni teen-drama che si rispetti, quale è in effetti l’essenza dei film Marvel ispirati all’Uomo Ragno, rappresenta un rito di passaggio doloroso quanto necessario per accedere alla fase adulta. Ton Holland aveva indossato i panni attillati del supereroe di quartiere senza origin story, essendo la storia del morso del ragno potenziato stata narrata altrove e più volte, una trovata che aveva alleggerito la sua entrata in scena nel consesso degli Avengers e liberato i film dal fardello della ripetizione.
Ma quella narrazione, imprescindibile per la definizione del personaggio, si scopre solo rimandata, per abbattersi con peggiore e maggiore peso sul protagonista adolescente facendone il corollario di una nuova vita, diversa e più dolorosa, forse maggiormente consapevole, sicuramente inedita all’interno del rinnovato mondo Marvel. Perché Peter, sia sulle tavole dei fumetti che sullo schermo , non è destinato alla felicità e quando essa sembra manifestarsi, gli viene sempre preclusa in extremis.
Ed è con queste premesse melodrammatiche che si sviluppa il film, terzo capitolo della saga casalinga (la Home del titolo) di Peter Parker, a poco a poco privato di ogni certezza, iniziando dall’identità segreta che lo protegge da ingrata fama e dall’ingratitudine del media (J J Jameson, incarnato ancora da JK come nella prima trilogia), svelata da un falso filmato del suo precedente nemico, l’incantatore illusionista Mysterio, deceduto alla fine del penultimo capitolo.
Nel cercare di porre rimedio al problema, Peter si rivolge e Stephen Strange per cancellare nel mondo la memoria della sua vera identità (come nei fumetti avviene nella retcon di introduzione di Sentry, supereroe troppo potente e pericoloso per essere ricordato). Il Dottore, però, sbaglia a dosare i propri poteri e sconvolge il multiverso (narrativo). Così l’MCU si affolla di elementi delle produzioni Sony (ancora detentore dei diritti cinematografici) con il ritorno in scena di un gruppetto di nemesi iconiche come Doc Ock, Elektro, l’uomo sabbia, Lezard e Goblin, tutte a conoscenza della vera identità del supereroe. Sulla falsariga del film di animazione sullo Spiderverse (Spider-man un Nuovo Universo, citato nei titoli di coda, e ancor più nel seguito, con Miles Morales perso tra i suoi alter ego in Spider-man: Across the Spiderverse), oltre ai cattivi si manifestano anche le varie incarnazioni alternative di Peter perché il film porta nel presente Marvel i passati Spiderman che, in questo universo, convivono e collaborano per riportare i vari mondi (narrativi) alla normalità.
Ma il fondo tutta la pellicola è costruita sul malinteso, sull’irruenza di Peter nel cercare l’aiuto di Strange, che non riesce a creare il giusto incantesimo; sul tentativo degli amici MJ e Ned di cercarlo con la magia, portando invece dentro al loro mondo gli altri Parker; sull’errore di Peter di credere di riuscire a cavarsela, come ha sempre fatto e come si addice a ogni eroe di fumetti dalle trame verticali. Incombe invece la tragedia, con la ripetizione variata della maledizione di Spiderman, la morte della zia Mary (invece dell’originario zio Ben) e la formulazione della dannazione del personaggio (nonché motto Marvel per eccellenza) sulla responsabilità accresciuta proveniente dai poteri maggiorati. Dal fraintendimento comico, scaturisce la catastrofe e un nuovo inizio, che segna mestamente la fine del teen-drama, assieme alla trilogia di Jon Watts.
Costretto a farsi dimenticare da tutti per rimediare al caos di una memoria selettiva, Peter adesso è solo, dimenticato da tutti, afflitto dalla colpa della morte della zia, espropriato da ogni tecnologia Stark (di cui era quasi un figlio putativo), abbandonato nei ricordi che sono rimasti soltanto a lui. Si avvia così verso un futuro incerto, senza più una prospettiva universitaria e con una misera calzamaglia cucita in casa, mentre si profilano sullo sfondo i nuovi nemici a cui la Sony ha dedicato deludenti capitoli esclusivi (Venom, di cui è confermato il III episodio, Morbius, sotto Dracula reticente) e che si affacciano minacciosi sul MCU, mentre Spider-Man sembra doverlo lasciare per sempre per rientrare nei ranghi dell’altra Major cinematografica.
Niente sarà più come prima per Peter Parker e per il suo alter ego: il capitolo adolescenziale è concluso, la spensieratezza divertita dei primi due capitoli (e che ne aveva costituito l’elementi di maggior fascino e divertimento) è terminata, l’ambientazione studentesca finita, la compagnia di giro persa, senza più amici, né normali né potenziati. E con Spider-man: No Way Home continua la progressione funebre dell’universo Marvel dopo la conclusione di Endgame e il progressivo ritiro di personaggi e dei loro interpreti dalla scena. Anche se Peter Parker dovrebbe tornare.
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