Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Deluso dalla pessima distribuzione di una manciata di pellicole low budget prodotte dalla "Alpha Cinematografica" di Luigi Nannerini e Antonino Lucidi - delle quali alcune dirette e altre supervisionate -, Fulci recupera alcuni spezzoni dei film poi inseriti in questo stranissimo horror metacinematografico, da lui stesso interpretato.
Lucio Fulci, regista di film dell’orrore, soffre di turbe psichiche dovute alla stressante lavorazione su reiterate situazioni splatter, presenti nelle sue pellicole. Si reca così dal dott. Egon (David L. Thompson), uno psichiatra, in quanto non più in grado di discernere tra realtà e finzione. Questi è in realtà un pluriomicida, che induce nel paziente, tramite la tecnica ipnotica, percezioni sempre più confuse, convincendolo di essere un assassino. Tutto ciò per poter eliminare la sua scomoda moglie, Katya (Malisa Longo), facendo accadere i delitti basandosi sulla trama dell’ultimo film su cui il regista sta lavorando.
"Una donna viene uccisa con l’accetta, il volto diviso a metà…
Un’altra viene strangolata…
Un’altra ancora impiccata…
Un’altra tagliata a pezzi con la motosega.
Un’altra annegata nell’acqua bollente… la gola dilaniata da un gatto inferocito.
Bruciata viva… Sepolta viva… Torturata… Accecata… Pugnalata…
Segata in due… Crocifissa… Decapitata…"
(Incipit con Lucio Fulci impegnato a scrivere la "sceneggiatura" di un film horror)
"Hitchcock ha inventato il brivido, Fulci lo ha perfezionato."
(Frase di lancio in occasione dell'uscita cinematografica del film, avvenuta nell'agosto 1990)
Un Gatto nel cervello è la stravagante composizione che il cineasta romano realizza utilizzando materiale di altri film da lui supervisionati (e alcuni anche diretti) per il ciclo televisivo “Lucio Fulci presenta”. Come fondamentale premessa va considerato che il terz'ultimo lungometraggio del regista - seguito da Voci dal profondo (1990) e Le porte del silenzio (1991) - nasce quasi per gioco, in un periodo di forte crisi per il settore dovuta all'emergere di un diverso target finale: le televisioni. Di conseguenza, essendo più influente, restringente e radicata la censura, i tempi degli estremismi cinematografici (in prevalenza "sex & violence") stanno ormai volgendo al termine. Ed è proprio in questo stesso periodo che la serie Lucio Fulci presenta: I maestri del thriller (composta da otto pellicole a basso budget realizzate per il mercato estero, ma con un occhio alla diffusione via etere) viene momentaneamente sospesa, dato il contenuto incongruente con la destinazione finale. Al di là della povera fattura (tutte le sequenze splatter riciclano pezzi di film a low budget), l’opera risulta essere comunque divertente e spassosa, proprio per la presenza dello stesso Fulci in un ruolo metacinematografico. L'improvvisazione parrebbe avere avuto un ruolo importante, considerato che la sceneggiatura originale, scritta dal regista in collaborazione con Antonio Tentori e Giovanni Simonelli, consisteva di sole 49 pagine, contenenti per lo più descrizioni di scene violente. Ovviamente data l’alta quantità di sequenze splatter, l'operazione è da intendersi riservata agli appassionati del suo cinema, in particolare quello horror di fine carriera. In quest’occasione, inoltre, il regista interpreta (doppiato però da Elio Zamuto) interamente il lungometraggio e, caso unico nella storia del cinema, riveste i panni di sé stesso (Wes Craven alcuni anni più tardi offrirà una simile performance, in doppia veste di attore/regista quando nel 1997 metterà mano a Nightmare – Nuovo incubo). È poi diventata di culto, se non altro, la colonna sonora a cura del grande Fabio Frizzi.
Curiosità
La vittima sotto alla doccia, in una scena che omaggia evidentemente Psycho (Alfred Hitchcock, 1960), è Jessica Moore (all'anagrafe Luciana Ottaviani), accreditata nel film come Georgia Moore, già comparsa nel 1986, da protagonista, nello spin-off di Joe D'Amato ispirato a Nove settimane e mezzo (Undici giorni, undici notti). Jessica aveva già lavorato per Fulci, prendendo parte al film Il fantasma di Sodoma (1988). Il segmento che la ritrae è estrapolato da uno dei titoli (Non avere paura della zia Marta di Mario Bianchi) componenti il ciclo televisivo supervisionato dal regista.
Le edizioni home video italiane del film differiscono per quanto riguarda il finale: la vhs Empire, propone una versione tagliata, destinata ai mercati esteri, mancante di circa due minuti, mentre il dvd "Raro Video" propone la director's cut voluta da Fulci che sembra volere omaggiare - prendendosi volutamente in giro mostrando l'intera troupe -, analoga conclusione de I tre volti della paura (Mario Bava, 1963).
Questi i film utilizzati - girati tutti nel 1988 - in ordine di comparsa, a mò di recupero dal regista:
- Quando Alice ruppe lo specchio (Lucio Fulci)
- Hensel & Gretel (Giovanni Simonelli)
- Il fantasma di Sodoma (Lucio Fulci)
- Massacre (Andrea Bianchi)
- Bloody Psycho (Leandro Lucchetti)
- Non aver paura della zia Marta (Mario Bianchi)
- Luna di sangue (aka Fuga dalla morte, Enzo Milioni)
Per il dettaglio sul loro inserimento in Un gatto nel cervello si rimanda a Il (ri)ciclo dell'orrore.
"In Un gatto nel cervello non mancano riferimenti a classici dell'orrore appartenenti all'espressionismo tedesco: M. Il mostro di Düsseldorf (M - Eine Stadt sucht einen Mörder, Fritz Lang, 1931), nel motivetto che fischietta l'assassino, e Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet des Dr. Caligari, Robert Wiene, 1920) per quanto concerne il personaggio dello psichiatra folle. Gatti inquietanti e maledetti compaiono in diverse pellicole di Fulci, da Black Cat (Gatto nero, 1981), ispirato al racconto di Edgar Allan Poe, a quelli inferociti di Demonia. Qui il felino è l'emblema stesso del film, in un titolo che è rimasto nell'immaginario collettivo dei fan." [1]
In occasione del trentennale del film, nel 2020 è uscito, grazie ai tipi di Bloodbuster, l'interessante libro "Il gatto nel cervello di Lucio Fulci", un testo curato da Fabio Melelli e Antonio Tentori ricco di curiosità, note e interventi di attori, collaboratori, registi e conoscenti di Fulci, che celebra degnamente questa stravagante opera metacinematografica.
Il manifesto alternativo del film, con un gatto nascosto dietro a un teschio (foto seguente), è opera del grande Enzo Sciotti (1944 - 2021).
Critica
"Peccato che i produttori Nannerini e Lucidi non abbiano il senso dell'umorismo per un finale (quello con il disvelamento del film dentro al film, n.d.r.) che avrebbe sicuramente alzato il livello di goliardia e dato la vera immagine del regista. (...) Gates of Hell, Massacre, Bloody Psycho, Hansel & Gretel, Luna di sangue, Non avere paura della zia Marta, Sodoma's Ghosts e Quando Alice ruppe lo specchio: tutti questi lavori vengono distribuiti solo all'estero e pochi nel nostro paese li conoscono, così Fulci realizza Un gatto nel cervello con materiale 'rubato' dai film citati. Il risultato? Be', non so. Forse era meglio che il regista sfruttasse film più vecchi come L'Aldilà, Zombi 2 o Paura... mantenendo la tematica dell'incubo. Non fraintendetemi, Un gatto nel cervello non è da buttare. È solamente un simpatico scherzo che poteva diventare un buon film."
(Michele Romagnoli) [2]
"Nel film di Fulci, la trovata, semplice ma geniale, di mettere lo stesso regista a interpretare sé stesso, piccolo fan di Orson Welles, in qualche modo nobilita quello che, diversamente, sarebbe solo un enorme contenitore di scarti cinematografari, finendo per diventare invece una interessante, per quanto strampalata, riflessione su quel cinema e sui suoi ingranaggi. Pur realizzato con lo stesso criterio produttivo che era proprio, precedentemente, di quei filmini di recupero destinati al mercato di profondità e alle salette parrocchiali e di terza visione, Un gatto nel cervello è innalzato dall'idea fulciana di mettere in scena un possibile se stesso, trasformando una banale operazione di riciclo in un film davvero unico e paradigmatico che di quel cinema rappresenta una sorta di apice irripetibile, un'opera con infinite possibilità di lettura, data la sua complessa struttura a scatole cinesi, dalle mille suggestioni, da quella metacinematografica a quella psicanalitica e introspettiva, che rivela al mondo il suo autore mascherato da se stesso, in un gioco che era e rimane affascinante a prescindere dalla resa finale sullo schermo. Gli artigli del gatto che devastano (letteralmente) il cervello di Fulci, all'inizio del film, rappresentano, apparentemente, la follia omicida che devasta l'animo del protagonista. Ma quando scopriamo che questi è innocente, ci si rivelano con altra forza metaforica: sono l'ossessione che spinge il cineasta a realizzare le sue opere, contro ogni avversità, prima di tutte quella economica; sono le mani adunche del regista-artigiano che non si fanno remore nel rimestare e ridurre a frattaglie l'organo del buonsenso, per ricostruirlo però in un lauto pasto per il cinefilo meno ancorato al concetto estetico del 'bello', semmai quest'ultimo abbia davvero senso di esistere. E poi: 'nasce prima l'uovo o la gallina?' Ovvero: Un gatto nel cervello nasce dall'esigenza della produzione di riciclare pellicola inutilizzata o al contrario è una storia originale di Mastro Fulci in cui si è deciso di inserire tale materiale per una mera questione di risparmio? E quindi: la storia è stata sviluppata intorno alle sequenze da riciclare o queste sono state inserite nella sceneggiatura a seconda dell'esigenza? E ancora: Fulci credeva nel progetto o era ormai rassegnato a ricucire alla meno peggio l'ennesimo film 'alimentare'? Quanta consapevolezza del valore della sua opera, quale esso sia, ha l'autore del cinema definito di serie B?"
(Daniele Magni) [3]
"Pur girato senza impiego di grossi mezzi, il nuovo horror di Fulci si pone come una delle opere più originali e bizzarre del genere, apparse negli ultimi anni (...) ricca di quelle sequenze shock, sanguinarie e terribili che hanno reso celebre il regista, in un crescendo martellante dove l'iperrealismo sfocia nel delirio visionario puro, Un gatto nel cervello è opera importante anche perché introduce sotto forma di metafora horror, un discorso per niente banale sul genere stesso. Confondendo spesso e volentieri fiction e realtà, omicidi reali e omicidi di celluloide, Fulci pare voler dimostrare che, in fondo, la violenza schermica non influenza affatto la realtà. Ed anzi è proprio la psichiatria stessa (che spesso condanna l'horror sanguinario come fonte di violenza) a celare dietro di sé un alone di follia (...), mentre il regista che inventa per lo schermo immagini sempre più raccapriccianti, si rivela innocente e finisce anzi vittima proprio di questi psichiatri che vorrebbero condannarlo. Per tutto questo Un gatto nel cervello è qualcosa più di un horror: è forse l'opera più visionaria di Fulci, quella che meglio rispecchia tutto il suo mondo interiore e potrebbe per questo domani divenire un cult movie assoluto dell'horror."
(Antonio Bruschini) [4]
"Fulci gira Un gatto nel cervello (1990), un film autobiografico e di montaggio, realizzato con spezzoni di lavori precedenti, che amava molto, pure se era consapevole che gli effetti speciali sono poveri e che si poteva fare di meglio. Un film dalla trama esile, quasi inesistente, la cui unica forza sono gli effetti speciali e il montaggio. (...) Un gatto nel cervello è girato in 16 mm. (gonfiato in 35) ed è uno dei peggiori film realizzati da Fulci. 'Non è indicativo della mia tecnica..... gli effetti speciali so' schifosi.... è un'operazione sperimentale...', ammetteva lo stesso regista. (...) Nasce come film di effetti speciali ed è voluto a ogni costo dai produttori al solo scopo di utilizzare parti di pellicole girate e mai uscite sul mercato. Tutto merito di Vincenzo Tomassi, grande montatore scomparso che già aveva fatto lavori come questo agli ordini di Joe D'Amato. Un gatto nel cervello costa solo duecento milioni ed è girato da una piccola troupe capitanata dalla figlia minore Camilla. Si tratta di un film sperimentale girato in due settimane, un divertimento macabro che in ogni caso fu un successo al botteghino e adesso è un cult in dvd. L'idea del regista horror tormentato dai suoi incubi sarebbe pure originale ma è realizzata così male che di questa pellicola resta poco da salvare. Il ritmo è fiacco, la recitazione pessima (a parte Fulci) e soprattutto non c'è un briciolo di suspense. Le cose migliori sono tutte già viste e il film si riduce a un puro collage di macabri effetti con gatti squartati, pezzi umani mangiati o gettati ai maiali e cose del genere."
(Gordiano Lupi) [5]
"Il film Un gatto nel cervello è forse il più extreme e splatter che sia mai stato fatto in Italia; un film non elegante, non perfetto, in cui la mancanza di soldi viene compensata da idee grottesche e stilisticamente personali (le donne baffute e imbruttite) e da un côté metacinematografico che rappresenta storicamente proprio quel confine che si rompe fra i due mondi (finzione e realtà, opera d'arte e artista): tema caro a Fulci, perfettamente rappresentato in L'aldilà. È stato uno dei primi horror che vidi da piccolo, e conoscendo bene Antonio Tentori - tra gli sceneggiatori del film - e il maestro Fabio Frizzi, era inevitabile che proprio a questo titolo io dedicassi Nightmare Symphony, diretto assieme a Daniele Trani, che non vuole essere né un remake né un reboot dell'opera di Fulci, ma una sorta di riracconto che narra l'amore di un uomo verso il proprio cinema. (...) Il mio è quindi un omaggio al film, ma anche una sorta di biografia molto romanzata e al contempo un'opera metacinematografica, che vede nel ruolo di Fulci un altro regista cult horror 'sul viale del tramonto': il leggendario Frank LaLoggia di Scarlatti. Il thriller (Lady in White, 1988). Perché, per citare Camus, «l'arte contesta il reale, ma non vi si sottrae»."
(Domiziano Cristopharo) [6]
Visto censura [7]
Registrato in Commissione di revisione cinematografica come Il gatto nel cervello (I volti del terrore), in data 8 agosto 1990 al film viene assegnato nulla osta n. 85928. Il via libera alla circolazione nelle sale cinematografiche è consentito con interdizione di visione ai minori di anni 18.
Metri di pellicola accertati: 2520 (92'40" a 24 fps).
Un ulteriore nulla osta (n. 94908), per un'edizione declassata nel divieto ai minori di 14 anni - ottenuta tramite oltre 5 minuti di tagli - viene rilasciato il 18 dicembre 2000.
Dal verbale allegato al secondo v.c.:
"In considerazione dei numerosi tagli effettuati (si) esprime parere favorevole alla concessione del nullaosta di proiezione in pubblico con il divieto per i minori di anni 14. (...) Si fa presente che il divieto di visione per i minori di anni 14 viene stabilito perché, nonostante i tagli effettuati, il film presenta ancora scene e sequenze che possono turbare la sensibilità dei minori, potendo incidere negativamente sulla evoluzione della loro personalità."
In questa circostanza i metri di pellicola si riducono a 2270 (87' a 24 fps).
NOTE
[1] "Il gatto nel cervello di Lucio Fulci", a cura di Fabio Melelli e Antonio Tentori (Bloodbuster edizioni), pag. 40.
[2] "L'occhio del testimone - Il cinema di Lucio Fulci" (Granata Press), pag. 65.
[3] "Il gatto nel cervello di Lucio Fulci" (Bloodbuster edizioni), pag 11 - 12.
[4] "Macabra storia di follia" su La Gazzetta di Firenze, agosto 1990.
[5] "Storia del cinema horror italiano - Da Mario Bava a Stefano Simone" (Edizioni Il Foglio), pag. 191 - 192.
[6] "Il gatto nel cervello di Lucio Fulci" (Bloodbuster edizioni), pag 163 - 164.
[7] Dal sito "Italia Taglia".
"Elegante, contenuto, un po' ironico, garbato.
Misterioso, interessato, imbroglione, subdolo, matto:
maledetto di un gatto, maledetto di un gatto!
Indifeso ma per gioco. Dolce caro sempre amico.
Un poeta ma per poco, giusto per un platonico ricatto:
maledetto di un gatto, maledetto di un gatto!"
(Lucio Battisti)
Trailer
Antonio Tentori sul film
F.P. 05/07/2023 - Aggiornamento della recensione pubblicata in precedenza su DarkVeins - Versione visionata DVD Raro Video (durata: 89'02")
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