Peace nasce ufficialmente come documentario sulla "pace", tematica universale il cui concetto è talmente complesso e trasversale tale che il rischio di inciampare in un mappazzone moralista ed inutile è alquanto elevato; considerazioni probabilmente esaminate dal buon Soda, anzi lui è un documentarista che odia le opere su commissione ed in particolare modo i progetti ancorati a temi precisi ed infatti stava per abbandonare la barca quando un bel giorno, a casa dei suoceri, un gran numero di gattini lo "convincono" a girare.
Soda ignorando superficialmente l'imprint del progetto, realizza un documentario d'inchiesta ed esamina dettagliatamente una certa branca del sistema di assistenza sociale giapponese; il regista opta per un approccio sia critico sia estremamente delicato tale da rievocare, nonostante stili registici opposti, il Kooreda documentarista degli esordi (pensiamo soprattutto a Shikashi...Fukushi Kirisute no Jidai in However del 1991).
Soda durante tutta la durata dell'opera segue da puro segugio due assistenti sociali (i suoceri); i protagonisti sono dei veri e propri angeli che nonostante uno stipendio da fame (il suocero si occupa del trasporto socio assistenziale senza guadagnare niente, volontariato puro) continuano imperterriti ad aiutare poveri sventurati abbandonati dalle istituzioni, le stesse che dovrebbero occuparsene ma in realtà se ne fregano altamente.
Il documentario presenta una struttura narrativa a strati e mediante il girovagare dei due assistenti sociali veniamo a conoscenze di storie personali intime e frizzanti, riguardanti soggetti più disparati; pensiamo a Mr. Shiro Mashimoto che senza troppi giri di parole critica il suo paese con metafore pungenti ed incredibilmente intelligenti, un paese a cui lui ha dato tutto (ha combattuto durante la seconda guerra mondiale) e dal quale non ha ricevuto nulla: «durante la guerra ogni uomo valeva 1,5 centesimi ossia il prezzo della cartolina con cui veniva arruolato»...
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