Railways, Yoshinari Nishikôri, JFF Plus 2021
Tra i nomi meno noti, almeno a livello internazionale, dell'ultima edizione del JFF troviamo sicuramente quello del veterano Yoshinari Nishikôri, onestissimo artigiano attivo fin dai primi anni duemila con una certa predilezione rivolta all'esplorazione dei generi. Dall'inizio della sua carriera ad oggi, Yoshinari Nishikôri ha diretto praticamente di tutto, dal pinku-eiga al j-horror passando per generi più tradizionali come il jidaigeki oppure il gendaigeki (ultimamente naviga su questo lido).
Railways è probabilmente tra le sue opere migliori, un film stilisticamente e contenutisticamente vicino ad un certo cinema di Hirokazu Kore-eda, soprattuto nell'affrontare problematiche familiari con estrema delicatezza e allo stesso tempo con piglio lucido e critico.
Railways inizialmente è focalizzato sulla routine lavorativa del manager Hajime, classico colletto bianco dedito solo al lavoro e soprattutto al profitto. L'uomo però tutto d'un tratto vuole cambiare vita e dedicarsi al suo sogno: fare il ferroviere.
Adesso inizia veramente il film.
Yoshinari Nishikôri sfruttando sapientemente il leitmotiv, analizza criticamente diversi aspetti della società giapponese. In precedenza accennavo al troppo lavoro del protagonista e qui troviamo la prima scoccata (il karoshi -morire per il troppo lavoro- è un problema serio) poi il regista si scaglia contro un caposaldo del modello lavorativo giapponese per cui il primo impiego lavorativo deve essere necessariamente l'unico e quindi il lavoratore deve identificarsi totalmente con l'azienda presso cui lavora (non a caso in Giappone quando ci si presenta si tende spesso a citare subito l'azienda dove lavori).
Continuando con la disamine Nishikôri non risparmia neppure il sistema burocratico locale, troppo ancorato a rigidissimi protocolli spesso dannosi ed insensati (pensiamo Shin Godzilla della strana coppia Hideaki Anno & Shinji Higuchi).
Infine il regista lascia trapelare un certo amore verso la campagna Giapponese, luogo arcaico ed incontaminato lontano anni luce dal frastuono delle megalopoli; a tal proposito le tantissime inquadrature paesaggistiche sono meravigliose.
Concludo con due considerazioni sulla regia: elegante e minimalista con segmenti altamente comunicativi.
PS Unica pecca la lunghezza; alcune situazioni risultano ripetitive e si potevano eliminare ma sono quisquilie.
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