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Hey There!

Regia di Reha Erdem vedi scheda film

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La recensione su Hey There!

di yume
8 stelle

Favole dei nostri tempi

Purtroppo niente foto, tocca immaginare, ma è realtà virtuale, non sarà difficile.

In My room di Mati Diop, Strasbourg 1518 di Jonathan Glazer, Citadel di John Smith, per restare a pochi: pandemia e lockdown hanno espulso gli spettatori dalle sale ma il cinema si è preso la sua rivincita e ora gioca, usa le piattaforme digitali e ne fa una nuova grande idea. Dalle fotocamere dei telefoni ai film "webcam" il passo era inevitabile, oggi che anche la casalinga di Voghera sa cos’è un link e come connettersi in streaming usando zoom, magari cercando solo lezioni di cucina o fitness casalingo, ma le rivoluzioni le facevano pure le tricoteuses che lavoravano a maglia sotto la ghigliottina, e dunque!

 

Reha Erdem, regista turco dei migliori, si adegua.

Cosa non abbiamo visto delle sue fantasie magiche, sulfuree, delle sue sospese elegie,delle“ fughe verso una libera povertà” seguiti dalla musica di Arvo Part che “insegna il silenzio” ad un tempo che ha smarrito la voce (Bes Vakit, 2006), della spinta vitale, dello smarrimento infantile e della sfrontatezza della donna che fa uno sberleffo al mondo che la violenta (Hayat var, 2008) e poi dello straordinario Kosmos (2009), tristezza e silenzio di un mondo senza felicità dove Saygin Soysal, un angelo disperato e luminoso caduto sulla terra, è un angelo troppo umano e perciò costretto alla fuga.

L’ultimo visto, Big Big World 2016, era a Venezia73, Premio Speciale della Giuria Orizzonti, e raccontava la disarmata giovinezza dei suoi piccoli eroi, lo smarrimento di un’umanità a cui si raccontano solo menzogne, come quella dell’infanzia felice.

Quella pacata tristezza del suo cinema, connaturata al ritmo stesso della vita, sembrava finora la sua cifra esclusiva.

E invece ecco Hey there, 2021, titolo internazionale, Ehilà, che meglio dell’originale Seni Buldum Ya (Ora che ti ho trovata) rende l’idea dello spazio-monitor dove all’improvviso appare qualcuno, haker sconosciuto o faccia nota, e noi pensiamo, o diciamo,  Ehi, ehilà!

 

Mai una parola sulla pandemia, si va avanti un po’ senza capire, poi la mdp esce per strada, giorno o notte, lo fa a intervalli, e fuori nessuno, strade vuote, finestre cieche, la grande città dorme di notte, di giorno è chiusa in gabbia, riconosciamo i minareti, la moschea di Solimano, il ponte di Galata, ma non può essere Istanbul, cos’è stato? Un attacco nucleare? La mosca tse-tse?

Peggio, si chiama… ma lasciamo perdere, i nostri eroi non lo nominano mai in quanto totalmente assuefatti e non lo faremo noi.

I nostri eroi sono quattro uomini e cinque donne, queste sono giovani o meno giovani con caratteri e storie varie, ma tutte in vario modo stracceranno gli ometti davanti a loro.

Di questi ometti due, Felek e Kerim, sono degli imbroglioncelli, di quelli di cui pullula il web.

Hanno inventato quella che credono la truffa del secolo: entrano nei computer delle vittime fingendosi funzionari del governo, emissari di una fantomatica agenzia di cyber-investigazione per furto condotta dalla 4° Divisione e, facendo confessare i "crimini" ai malcapitati , promettono di cancellare pendenze giudiziare previo pagamento di somme da restituire alle vittime. Naturalmente qualcuno ci casca e il loro conto bancario cresce.

 

Come si svolge il tutto? Sullo spazio rettangolare del monitor, ora dell’uno ora dell’altro.

Poi, come già detto, un giretto all’aria aperta per vedere la città deserta e di nuovo dentro per riprendere i collegamenti.

Ognuno è solo in casa al centro di un microcosmo dove si restringe tutto il vissuto personale, ne nascono piccoli cortometraggi con storie e storielle di vario genere, per lo più rese esilaranti dal contesto in cui sono raccontate.

Erdem tira fuori tutta la sua vena satirica condita di qualche punta romantica, gli attori, bravissimi, si calano in realtà solo in apparenza paradossali, alla fine ci rendiamo conto che quelli siamo noi, esposti senza difese ad ogni attacco, facili prede di malfattori che giocano con i nostri sensi di colpa e l’inestinguibile spinta a confessare quelli che crediamo i nostri “crimini”.

Però farla ad una donna non è facile, e il nostro Felek che ci mette la faccia, mentre Kerim sta dietro le quinte, da imbroglione diventerà imbrogliato.

Il finale non si svela, ma un “Evviva” quella donna lo merita davvero.

Non è stato detto finora per non nuocere alla suspense, ma Hey there è un film musicale. Non nel senso canonico del termine, ma gli attori all’improvviso si mettono a cantare, repertorio internazionale o turco, addirittura ballano, i due haker sono ottimi ballerini nonostante non abbiano proprio le phisique du rol, il tango con le sue figure ha una centralità indiscussa, e poi il melodico romantico prende il sopravvento quando tra Felek e la sorridente signora bruna sembra scattare qualcosa.

E sarà a questo punto che Felek farà un errore fatale su cui manteniamo il più assoluto riserbo.

Commedia leggera, sorridente, stralunata ma con un occhio nel reale, piena di musica e assolutamente non banale, reagisce a modo suo al presente e, se mala tempora currunt, anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, dicevano Gino e Michele, e allora nulla meglio che una presa in giro globale del sistema.

Magari gli daranno anche l’Oscar!

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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