Regia di Francisco Lara Polop vedi scheda film
Dopo anni d'oblìo spunta finalmente fuori la versione italiana di questa coproduzione italo spagnola grazie alla Vinegard Syndromes, società di distribuzione home video americana. Osannato un pò ovunque da chi lo ha intravisto in altro linguaggio, purtroppo è un prodotto dalla sceneggiatura talmente confusionaria da finire per essere inguardabile.
Gruppo eterogeneo di personaggi, composti da coppie più o meno indovinate (una formatasi velocemente e costituita da un motociclista che offre passaggio a un'autostoppista), per svariate coincidenze durante un viaggio notturno - lungo lo stesso percorso su una strada isolata (!) - si trova in difficoltà a causa di una nebbia spettrale. Un incidente automobilistico, in prossimità di un cimitero e una vecchia abitazione isolata, impone di chiedere soccorso. Date le condizioni climatiche avverse, ognuno di loro accetta di buon grado l'invito a trascorrere la notte nella casa, offerto dalla generosa proprietaria Marta Clinton (Evelyn Stewart/Ida Galli). Durante il passare delle ore la situazione però precipita: rumori inquietanti - tra i quali una spettrale risata femminile - e apparizioni fantasmatiche, fanno da contorno a inspiegabili incidenti. Qualcuno muore di paura, qualcun altro viene ucciso. Quale mistero si nasconde nella casa di Marta?
Nonostante il suggestivo titolo italiano, dalla tomba Marta non urlò di certo. Più pertinente il titolo originale, La mansión de la niebla, che fa capo a una produzione italo spagnola diretta dal poco dotato iberico Francisco Lara Polop, nome che non sarà sfuggito ai cultori del cinema italiano anni Settanta, apparendo qua e là (anche come sceneggiatore, ad esempio nella commedia Perché non facciamo l'amore?) nelle varie pellicole realizzate in collaborazione tra le due nazioni. In questa occasione, per la quota italiana nello staff tecnico figurano in sceneggiatura Antonio Troiso (affiancato a Luis G. de Blain), alle musiche il valente Marcello Giombini, mentre l'ottima cinematografia è di Guglielmo Mancori. Dalla parte iberica, arrivano invece le suggestive location e le ottime scenografie. Ma è proprio da quella stessa parte che il film cade in difetto, in primo luogo per la pacata e quasi soporifera direzione di Polop, quindi per interpretazioni spiazzanti. Comprensibilmente va detto, ossia non a causa degli attori ma per via di una sceneggiatura pasticciona e caotica che non ha capo né coda. Occorre attendere la bellezza di 53 minuti prima che un tizio vagamente inquietante appaia dietro una porta. E quella della porta (sequenza ripetuta in un paio di occasioni), assieme all'apparizione efficacemente spaventosa di una (finta) vecchia che ricorda l'episodio baviano La goccia d'acqua (dal capolavoro I tre volti della paura, 1963), è una delle ben poche scene d'effetto. Prima di quei 53 minuti, il vuoto assoluto. Zero proprio, i termini di sostanza e forma.
L'ultima mezz'ora Polop si ricorda che sta girando un horror e inserisce una serie di apparizioni (con clima surreale alla Scooby Doo, come ben fa notare uno dei pochi lucidi e obiettivi recensori dell'imdb) che non hanno alcun nesso logico con la storia. Tanto quanto il finale, che riporta sul piano del razionale il clima da finto horror. Marta non urla dalla tomba, il cimitero - accanto alla villa - non ospita ritornanti e quasi parodistiche sono le motivazioni che inducono i personaggi ad incontrarsi: incidentati nella nebbia, in prossimità di un camposanto, tutti in viaggio nello stesso momento di notte su una strada in culo al mondo e disposti a farsi ospitare da sconosciuti in una minacciosa villa. Infine velocissimi a socializzare tra ignoti l'un l'altro come se si conoscessero da una vita. Il plot è scontato (viaggiatori in panne, costretti a sostare in una casa) e visto molto meglio in altre pur dozzinali pellicole di genere. A rendere ancora più catalettica l'incredibile narrazione, contribuisce la scelta della produzione di approntare per il mercato USA - ma non si capisce perché anche quello italiano - una versione tagliata che priva il film delle scene di nudo (scelta che qualcuno arriva a lodare come appropriata: benedetta ipocrisia!). Perché, va detto, il cast è interessante, a cominciare dalla presenza della Galli (qui stupenda) e di un look squisitamente d'antan (ossia anni Settanta), tale cioè da far venire l'acquolina in bocca ai fanatici del "so bad so good", dato da un abbigliamento sui generis, con personaggi che indossano jeans a zampa d'elefante e sfoggiano pettinature con chiome che sembran essere forgiate da un ferro da stiro. Infierire su Quando Marta urlò dalla tomba è facilissimo, quasi imbarazzante.
Introvabile in edizione italiana, sino al mese di febbraio 2021, tanto che alcuni hanno fatto salti mortali per anni nel tentativo di vederne una copia doppiata, imprecando il CSC (Centro Sperimentale di Cinematografia) inutilmente, data la mancanza del negativo nell'archivio del prestigioso centro. Aveva voglia ad urlare Marta, sto benedetto finto gotico d'annata, in italiano, non voleva saltar fuori dalla tomba. In Italia, insomma, dopo essere uscito nelle sale è sparito per sempre. Eccolo magicamente apparire, in questi giorni, per la label estera "Vinegar Syndromes" che non solo lo offre in uno stupendo formato video (probabilmente il negativo originale non ha subito usura, comprensibilmente per la poca diffusione) ma anche con una chiara e pulita traccia italiana d'epoca. Le poche entusiatiche recensioni che circolano, sono frutto di visioni in lingua straniera. Ora, il film è incomprensibile in italiano, possiamo immaginare vederlo in spagnolo, inglese o altro linguaggio? Quando Marta uscì dalla tomba è un film semplicemente brutto, e il mediocre risultato è ancor più inaccettabile considerando il potenziale di cui Polop disponeva: scenografie, attori, operatori di altissimo livello. Quasi impossibile ottenere un esito così mediocre. E chi scrive non ha pregiudizi, avendo dato più volte dimostrazione di apprezzare in particolar modo il cinema di quel periodo. Consigliato solo, ed esclusivamente, ai malinconici di quel clima d'antan dato dalle già citate caratteristiche (ossia l'essenza, con i suoi pro e contro, degli anni Settanta). Uno spettatore di oggi, giovane e smaliziato, probabilmente interromperebbe la visione al massimo mezz'ora dopo i titoli di testa. E sarebbe stato anche paziente.
Curiosità
Quasi impossibile, per i più distratti, non confondere questo titolo con quello di Emilio P. Miraglia: La notte che Evelyn uscì dalla tomba (1971), con il quale condivide non solo più o meno lo stesso periodo d'uscita ma anche la struttura da "finto horror". Essendo uscito prima il film di Miraglia (luglio 1972) ne segue che i distributori di Quando Marta urlò dalla tomba (nelle sale nel novembre 1973) dovevano necessariamente avere in mente il titolo precedente. Un'altra produzione Italo spagnola, Il cadavere di Helen non mi dava pace (Alfonso Balcázar, 1972), aveva però anticipato la tendenza alla rititolazione funebre venendo distribuito in una seconda edizione, sempre nel 1972, come Una tomba aperta... una bara vuota.
"L’ultimo passo della ragione è di riconoscere che ci sono un’infinità di cose che la sorpassano." (Blaise Pascal)
F.P. 23/03/2021 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 86'09")
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