Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Chiunque pensi che, essendo regista Ridley Scott, si debba trattare di un'opera di pregio, dovrebbe ricredersi. La mano del regista c'è... ma non si vede. O, perlomeno, non si ritrova nulla dello Scott di Alien e nemmeno de Il Gladiatore.
C'è una storia, che non si capisce nemmeno bene dove voglia focalizzarsi... parla dei Gucci, parla di Maurizio, parla della moglie, parla di affari, di affetti, di crimini? Adam Driver credo sia uno dei peggiori attori mai espressi dal cinema americano, e tuttora non mi capacito di come possa essere scritturato. La prima volta che si toglie la maschera nell'ultima serie (spazzatura) di Star Wars si rimane tra il l'interdetto e il ridicolo. Dove lo metti lo metti, sta sempre fuori posto, con questa sua faccia da bambinone un po' isterico che stride con la stazza. Non fa eccezione in questo caso, dove peraltro il suo faccione perennemente imbarazzato e il personaggio impacciato sembrano l'opposto della persona interpretata, che, invece, si atteggiava da perfetto viveur, in piena armonia con la moglie così come rappresentata nel film.
Ci sono dettagli anacronistici come qualche automobile (Paolo, che negli anni '90 compra una 600 degli anni '60, avendo avuto prima una Porsche degli anni '80? Un telefono a ghiera in un aeroporto milanese degli anni '90, quando andavano a tessere telefoniche e nemmeno a gettoni ormai. La polizia che va con l'alfa 155, uscita nel 1992, mentre dovrebbero essere ancora gli anni '80, i libri della libreria Cortina di fronte alla Statale che sono tutti palesemente modernissimi con copertine sgargianti, etc.), ma in generale ottima la ricostruzione storica della Milano anni '70, migliore pure di alcuni recentissimi film nostrani. Sicuramente ad uso e consumo del pubblico statunitense la scena della "dogana svizzera", con agenti vestiti stile seconda guerra mondiale e che parlano tedesco per motivi incomprensibili, visto che il Canton Ticino che confina con la Lombardia ha come lingua l'italiano. Abbastanza ridicolo anche che uno si possa fare un viaggio del genere con la strada ghiacciata e la neve... sorvolando sulle gomme (dell'epoca!), chiunque abbia mai guidato una moto d'inverno sa bene che anche senza neve e ghiaccio con dei mocassini simili non dureresti 10 minuti prima di perdere sensibilità e in mezz'ora avere un congelamento agli arti inferiori.
Sicuramente troppo lungo, quasi a voler suggerire il tocco autoriale tramite la lunghezza, che però non sembra giustificata da alcuna esigenza narrativa: si poteva dire tutto ugualmente, senza alcuna necessità di superare le 2 ore. Ci sono scene e inserimenti che romanzano la realtà per motivi poco comprensibili (Maurizio che va a lavorare come factotum nella società di trasporti del patrigno della moglie).
Lady Gaga... che dire? Al di là del fatto che non si capisce come un regista come Scott possa anche solo concepire di avere nei titoli di coda del proprio film una con un nome che già è ridicolo di per sè e testimonia la pochezza della persona sottostante, che non si capisce bene, a parte apparizioni scandalistiche e provocatorie, quali attitudini abbia tali da giustificare la sua affermazione. Ciò detto, comunque sorprendentemente incarna benissimo il personaggio, probabilmente poichè lo rispecchia appieno.
Ma cosa lascia questo film? A me, personalmente, soltanto una esposizione romanzata di fatti realmente accaduti. Non c'è particolare interesse, tensione, non si può entrare in grande empatia con nessuno, la storia personale non è sufficientemente partecipata per suscitare empatia... l'opera sembra più dedicata alla famiglia Gucci che alla figura di Maurizio, però su questo si concentra, a questo punto troppo vista la mancanza di volontà di entrare nella psicologia del personaggio. Che poi, a voler fare una battuta, difficile voler instillare senso di solidarietà se scegli come protagonisti una che si fa chiamare Lady Gaga e uno dei manifesti della decadenza di Star Wars come Adam Driver è.
Interessante da guardare per la presenza di Al Pacino, sicuramente bravo anche Jared Leto, qui irriconoscibile, ma assolutamente credibile e sfaccettato. Interessante anche a livello documentaristico (nonostante le parti romanzate), e con qualche (breve e isolato) momento di pathos, che però, purtroppo, viene a mancare proprio sul finale quando sarebbe stato più opportuno, mentre il tutto si risolve invece frettolosamente lasciando poi ai titoli di coda la descrizione che avrebbe meritato quella mezz'ora (minimo) che si sarebbe potuta tranquillamente sottrarre al resto.
Disturbanti le foto di scena, con attori e crew (ma anche passanti) mascherinati, mentre nel film no... perchè - ricordiamolo - il coviddì va e viene a comando: si entra nel ristorante che c'è, poi mangi e va in pausa, poi ritorna quando paghi il conto. E qui uguale: reciti e non c'è, poi smetti e c'è. Quando la finzione è più vera della realtà.
Da guardare senza aspettative particolari, e senza aspettarsi altro se non di dare sfogo a qualche (morbosa) curiosità e conseguire un pacifico intrattenimento senza grandi pretese.
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