Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Come regalo di Natale per l'utenza di Filmtv cosa c'è di meglio di un capo Gucci?
Innanzi all'invasore colonialista straniero del nostro sacro suol patrio, purtroppo ho dovuto sacrificare la visione di Diabolik dei Manetti (2021), a favore del prodotto americano che da uno sguardo estero vuole narrare un episodio di cronaca e marchio accaduto in Italia, House of Gucci di Ridley Scott (2021), sin dal titolo dal nome suadente, dolce e ricolmo di fascino, ha da subito le stimmate dell'istant cult, se ci mettiamo quel mignottone di Lady Gaga nel ruolo di Patrizia Reggiani, che ha scatenato apprezzamenti altrettanto spinto ed accesi quanto molto simili a quelle dei dipendenti nella fabbrica di autotrasporti, non poteva che far scegliere alla maggioranza del gruppo per la visione del suddetto film, girato da uno Scott ben lontano dalle ambizioni elevate dei suoi lavori più riusciti, così come del contemporaneo Last Duel (2021), ma specularmente a quest'ultimo abbiamo un nuovo ritratto femminile di donna forte, che si muove in un ambiente tipicamente maschile, nonchè conservatore, come quello dell'industria italiana, che nella moda ha la propria eccellenza da esportazione nel mondo, eppure così refrattario ad accettare al proprio interno la componente femminile in ruoli di comando, per via di differenti visioni della realtà capitalista nostrana, che preferisce il sicuro orticello da coltivare e mantenere, piuttosto che affrontare nuove sfide, di certo rischiose, ma potenzialmente remunerative.
Ispirato ad una storia vera dice la didascalia iniziale, Scott gira un film indubbiamente minore, ma non privo di interesse e attrattiva spettacolare, anche se come suo solito il regista pare abbia usato la vicenda reale come mera traccia, per fare spesso una totale distorsione dei fatti (date cambiate, luoghi diversi, fatti alterati etc...), interpretandoli a modo suo, seppur il ritratto della famiglia Gucci sia connotato da grandi negatività per ognuno dei suoi membri (il che ha portato gli eredi ad esprimere ostilità nei confronti dell'opera), cominciando dai decani Rodolfo (Jeremy Irons) e Aldo (Al Pacino), chiusi nel loro piccolo giardino, incapaci di affrontare il rinnovamento degli anni 80', mentre i loro eredi non promettono nulla di nuovo; Paolo (Jared Leto) è un completo idiota, mentre Maurizio (Adam Driver), è introverso sino al limite della socio-fobia, trovandosi come sposa una Patrizia Reggiani, che è l'esatto opposto; arrivista, la definisce Rodolfo, ma nella pellicola emerge il ritratto di una donna che dietro la sua esuberanza, cela in realtà un'ambizione smisurata, mirando a vette sempre più alte, insofferente per questo sia al modo di gestire l'azienda da parte dei due anziani soci, sia dalla riluttanza del marito ad entravi a farne parte. Patrizia sogna l'America, il suo sguardo rivolto nel cielo temporalesco di una New York verticistica, anela il suo desiderio recondito di far parte di quel capitalismo movimentista sfrenato a stelle e strisce, cosa a suo dire negatale, perchè circondata da una famiglia di idioti, che si ritrova tra le mani un giocattolo oramai divenuto molto più grande rispetto alle loro mediocri capacità, così la donna manipola a fin di bene il marito, per fargli scalare posizioni nell'azienda e prendere decisioni innovative per il marchio, contribuendo così a traghettare Gucci nelle nuove sfide, che gli si pongono innanzi.
Il ritratto di Patrizia Reggiani di Scott è quello della donna cinematografica post-metoo, per cui il regista mette la propria tecnica cinematografica totalmente al servizio del nutrito cast di volti noti, tutti gravitanti attorno alla star che campeggia al centro della locandina; Lady Gaga, cantante alla sua seconda esperienza come attrice, che centra il personaggio della Reggiani nei suoi eccessi kitsch-pacchiani e nei suoi modi di fare volgari, accentrando su di sè l'attenzione di una pellicola, che probabilmente avrebbe dovuto abbracciare appieno il suo lato pacchiano e pop, senza cercare dei bruschi contrasti seri nei toni, che finiscono solo con lo stonare nell’amalgama generale della pellicola, credendo così fino in fondo nelle potenzialità della sua protagonista, che negli eccessi valorizzati dalla fotografia di Wolski, ci sguazzava alla grande, puntando a fare di House of Gucci un’opera totalmente character driven (incredibile a dirsi da parte del sottoscritto, causa disistima nei confronti di Gaga), poichè quando il personaggio risulta troppo tempo lontano dallo schermo, il film perde molto di interesse, aprendosi così anche a tesi non felici nel risultato finale, poichè Scott finisce con il costruire una figura con cui il pubblico empatizza troppo, financo assolverla dal delitto commesso, con delle situazioni di fondo, che arrivano a giustificarne la follia omicida, tramite situazioni e letture di comodo eccessivamente distorsive della realtà dei fatti, trasformando una gelosa ossessiva, in una donna innamorata tradita del suo amore.
Con una Gaga catalizzatrice, il Maurizio di Adam Driver ha un’ottima chimica con la propria partner, grazie all’ottimo mestiere dell'attore, uscendone alla fine come miglior interprete della pellicola valorizzando l'introversa immaturità del suo personaggio, nel suo cambiamento da innocente a mostro freddo, in pratica un Gucci; cosa non affermabile invece nè per Aldo Gucci, troppo caricato nella scrittura, seppur Al Pacino ne evidenzi bene il cinismo sottile, né soprattutto per il figlio Paolo, una macchietta patetica quanto ridicola, che distrugge il film ogni volta a cui assistiamo alla presenza in scena di Jared Leto, colpa di una combinazione letale tra pessima scrittura e attore incapace, esagitando come suo solito in mossette caricaturali eccessive, che vorrebbero tanto conferire un’aria maledetta ad un personaggio in effetti intriso di una tragicità patetica, la quale finisce solo con l’ammantare di ridicolaggine la sua prova, incapace a differenza di Lady Gaga di far propria la pacchianata ed uscire con naturalezza, anche dai notevoli scivoloni della messa in scena di uno Scott, che tante volte stride negli intenti finali, per via di accostamenti scult tra musica ed immagini, mettendo insieme in modo inusitato alto (La Traviata di Giuseppe Verdi) ed il basso (la scena di sesso nell’ufficio della Reggiani).
Spiace la presenza inesistente nel cast di attori italiani, per una vicenda alla fine ambientata nel nostro paese, il che porta Scott ad uno sguardo con fin troppi stereotipi francamente risibili sull’Italia e le sue dinamiche (negli USA rompono tanto i coglioni sugli asiatici, indiani, latinos e persone di colore, ma sugli italiani nulla da dire?), ma critiche divisive a parte e dibattiti sugli accenti italiani dei personaggi (se reciti in inglese per me è una cosa che andrebbe non fatta, ma non posso giudicare avendolo visto doppiato), anche se i risultati ai botteghini innanzi all’uragano contemporaneo in sala di Spider-Man : No Way Home di Jon Watts (2021), sono gli unici ad essere più che dignitosi in questo periodo, dando conferma al brand Lady Gaga, capace di portare gente al cinema con la sua presenza, grazie all'intuito di scegliere progetti di non alto spessore artistico, ma alla fine dei conte, comunque opere in cui ci si trova bene, evitando destini cinematografici infausti alla Madonna per ora.
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