Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Anche i ricchi piangono...E si massacrano. HOG è uno dei rari casi in cui la versione doppiata risulterà più pertinente di una v.o. infarcita di esclamazioni maccheroniche e fuorvianti,figlie di quella tendenza americana che riduce a puro colore le caratteristiche di luoghi e culture distanti dalla propria.Grande cast glamour con Pacino gigantesco.
CINEMA OLTRECONFINE
Anche i ricchi - ormai si sa dai tempi della celebre telenovela - piangono.... anzi si disperano, si massacrano tra di loro per conquistare la supremazia che altrimenti un loro rivale porterebbe via loro con altrettanta determinazione.
E nella "dinasty" Gucci si dannano e disperano, si distruggono uno con l'altro per mantenere la maggioranza di quella che fu, con i capostipiti Rodolfo (Jeremy Irons che traferisce la innata classe sul suo personaggio di vero imprenditore) e Aldo (Al Pacino, superlativo nel ruolo di azzeccagarbugli infido ma tutt'altro che stupido), una delle maison d'eccellenza, quintessenza del prodotto di lusso italiano più esclusivo.
I problemi iniziano con le nuove generazioni: il folle Paolo (un Jared Leto sempre più mimetico ed irriconoscibile, dallo squittire stridulo e dalle moine un po' forzate), a cui manca il buon gusto, oltre che qualche rotella, ma si ostina a voler fare il designer, e Maurizio (un Adam Driver da manuale per la freddezza e l'apatia meschina che riesce a fare trapelare dal personaggio che impersona), nerd senza carattere che ambirebbe a dirigere, ma non ne ha le palle e solo una giusta intuizione: affidare la maison all'estro artistico e all'approccio sexy di un giovane ma già affermato Tom Ford.
Queste ultime, ovvero le palle, le possiede la giovane e formosa Patrizia (una Lady Gaga di burro, mimetica e perfezionista come le si conviene), una arrivista e mantide destinata a fare da contabile nella ditta di trasporti paterna, non fosse così scaltra ed ambiziosa da comprendere al volo che quell'imbranato spilungone senza carattere di Maurizio incontrato per caso ad una festa, ella non deve e non può permettersi di lasciarselo scappare.
Il resto è una "dinasty" coi fiocchi, che prosegue tra colpi bassi tra cugini debosciati, zii scaltri ma isolati ed inermi, e una cognata con le palle, tanto da arrivare a vendicarsi dell'abbandono del marito con la "pena capitale", fatta eseguire da due loschi killer dietro contatto di una maga di fiducia (Salma Hayek).
Trasposto dal romanzo omonimo di Sara Gay Forden, a sua volta ispirato alle vicende di cronaca e processuali che riempirono i rotocalchi a seguito dell'uccisione di Maurizio Gucci ad opera di un killer, che si scoprì ingaggiato dalla ex moglie Patrizia, House of Gucci è un filmone a largo budget che permette ancora una volta all'ottantaquattrenne tenace ed instancabile Ridley Scott di impegnarsi in una sontuosa ricostruzione degli ambienti chic e potenti di una Italia dell'alta imprenditoria e della moda da fine anni '79 a metà anni '90.
Le scene degli esterni sono fantastiche e il punto forte dello stile di Ridley Scott, che si attornia di un cast perfetto e dirige una storia che, pur sopra le righe, rispecchia una versione attendibile dei fatti, senza risparmiare nessuno dei loschi elementi coinvolti.
Gli attori, tutti fantastici, tra abili trasformisti e interpreti di razza, Al Pacino è ancora una volta una spanna sopra i migliori,c'è nella parte di Aldo Gucci potrebbe, anzi dovrebbe riuscire ad ottenere non solo una nomination, bensì il premio agli Oscar come miglior interprete non protagonista.
Lady Gaga si impegna con tutte le risorse, appropriandosi e facendo suo un personaggio controverso, sgradevole non meno degli altri da cui cerca di emergere: una protagonista losca ed arrivista verso cui l'impostazione narrativa ha la lungimiranza di non pretendere di suscitare condiscendenza.
La perfezione tecnico-organizzativa che ancora una volta contraddistingue l'impronta Scott, fa nuovamente un po' cilecca sui dialoghi (basti ricordare il devasto imbarazzante che flagella la valida direzione artistica del sin troppo lodato e di poco precedente film di Scott, ovvero quel The last duel che vede al centro del contendere i due sfidanti nobiluomini francesi trecenteschi che si esprimono con un linguaggio attualizzato che si traduce in frasi degne di due avvocati o uomini d'affari dei giorni attuali).
Nella cui versione originale di questo House of Gucci, appare risibile - soprattutto se ascoltata da noi italiani - la tendenza dei vari protagonisti, con in testa la Reggiani/Lady Gaga, ad iniziare le frasi con una parola o frase fatta in italiano maccheronico, per poi proseguire in inglese come se nulla fosse, infischiandosene della questione idiomatica, ma sottolineando la parlata da emigrato italiano che nulla ha a che vedere col contesto geografico in cui si svolge la vicenda.
Sarebbe stato allora più onesto e verosimile mantenere tutto in un inglese corrente senza inflessione alcuna evitando la solita ingenua, disarmante superficialità qualunquista made in Usa, che vede il mondo fuori dai suoi confini come schiavo e succube di luoghi comuni banali come pizza e mandolino per noi italiani, o croissant, food gras e baguette sotto l'ascella per i francesi.
Splendida la colonna sonora italiana ed internazionale che accompagna sfilate e momenti di una sfida per la supremazia.
Tra i pezzi coinvolti spicca "Una notte speciale" di Alice, e nel finale, una hit di Tracy Chapman in duetto nientemeno che col grande Pavarotti: la splendida "Baby, can i hold you tonight".
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