Regia di Giulia Steigerwalt vedi scheda film
Settembre come il mese di un nuovo inizio, nel quale convergono i buoni propostiti maturati a ridosso degli errori compiuti fino all'estate e i progetti per l'autunno alle porte. Ed è proprio di una rinascita, di un riscatto per una vita - per quanto breve o lunga che sia - sprecata in traiettorie esistenziali frustranti che parla il film d'esordio di Giulia Steigerwalt. Un'opera prima col botto, di quelle che - con l'eccezione de I predatori (2020) - in Italia non si vedevano dai tempi di Lo chiamavano Jeeg Robot, anno di grazia 2015. Frutto di una gestazione lunghissima (una dozzina d'anni) passata per un cortometraggio che raccoglie l'episodio dei due adolescenti, Settembre è un racconto a incastro nel quale convergono la storia di un ginecologo avanti con gli anni (Bentivoglio, perfetto) ma che ha come unica interlocutrice una giovanissima prostituta croata (Litvan), a sua volta innamorata del commesso di un supermercato dal sorriso contagioso (Borello), di un ragazzino quattordicenne (Nozzoli) che si presta a fare da prosseneta alla compagna di classe che ha nel cuore (Rebeggiani), alla madre del giovane (Ronchi), stanca di un rapporto asfittico e fasico con un marito sempre assente (Sartoretti) e preoccupata per un possibile tumore, e all'amica di quest'ultima (Thony), con marito fedifrago.
Sotto gli auspici produttivi del marito Matteo Rovere, la regista romana con passaporto statunitense firma un'opera deliziosa, diretta impeccabilmente, nel quale dramma e commedia si avvicendano tra riflessioni esistenzialiste (la regista è laureata in filosofia alla Sapienza di Roma) e una quota di ironia sopraffina. Il tutto all'interno di una cornice di pura poesia (da antologia la scena del bacio tra i due adolescenti, filtrata dal domopak), servita da attori in stato di grazia.
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