Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film
Ci sono due film nell'opera terza dell'eclettico Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto. Il primo è un film coraggioso, che getta il cuore oltre l'ostacolo e tenta una strada innovativa, collocando la gig economy in un'atmosfera sci-fi, ma nemmeno troppo. Il secondo è un bigino - scritto con le migliori intenzioni, per carità! - relativo allo sfruttamento sul lavoro nell'era del capitalismo della sorveglianza (Zuboff docet), con tanto di (sacrosanto) pistolotto finale accompagnato da un intollerabile spiegone. La storia è quella di Arturo (De Luigi), manager buggerato dalla sua stessa invenzione: un algoritmo che fa i tagli del personale. Licenziato sulla soglia dei cinquanta, Arturo - che già ha perso la compagna (Solarino) sulla base del verdetto negativo di un altro algoritmo sulla compatibilità di coppia - si trova così costretto a fare il rider a condizioni retributive oscene. Per sbarcare il lunario affitta una parte della casa a un altro semiderelitto, un professore di filologia romanza (lo stesso Pif) che per arrotondare fa l'hater. La vita di Arturo si complica quando Fuuber, la compagnia per la quale lavora, gli offre la possibilità di avere la compagnia di un ologramma rispondente in tutto e per tutto alle sue necessità, interpretata dalla ex grande fratello Ilenia Pastorelli, più inguardabile e inascoltabile del solito.
Tante sono le invenzioni visive, le incredibili location (ma dove le hanno pescate, oltre Milano e l'India?) e la fantasia di alcune trovate grottesche del film, tanto è banale e scontato lo svolgimento narrativo, come se fotografia e sceneggiatura fossero state pensate da due menti completamente scollegate tra loro. Un'occasione persa.
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