Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film
L’ episodio è (in)centrato sul potere fittizio dell’OCCHIO inteso come sottile e pervasivo mezzo di intromissione nelle vite altrui a seguito di un’insanabile incapacità di aperto confronto col mondo circostante. L’OCCHIO come conseguenza dell’evidente impossibilità di scendere a patti con la propria individualità frustrata dalla sottovalutazione delle proprie capacità interrelazionali. L’OCCHIO come irrimediabile rifugio in un mondo ermeticamente sprangato all’interno da cui effondere l’accresciuta capacità dello sguardo a spese di obiettivi altrimenti irraggiungibili per via diretta.
Con la compiacenza del regista teso all’esplicazione del sesto comandamento “non commettere atti impuri”, (invece di “non desiderare la donna d’altri”, titolo della versione lunga del Decalogo 6 dovuto al pressapochismo dei nostri distributori cinematografici), la stanzetta di Tomek, il protagonista, si tramuta in una sorta di mondo a sé stante da cui volgere il proprio sguardo epistemologico all’interno di una realtà contigua che analizzata e vivisezionata da un punto di vista esterno appare in tutto il suo aspetto teatralizzante, depurato da contatti diretti che richiamano verità difficili da affrontare a viso aperto, pena il sapore amaro della frustrazione.
Intento ad usufruire appieno delle grandi potenzialità offerte dal suo sguardo scrutatore alle prese col mondo dei suoi desideri e cosciente del suo aleatorio potere di interazione con la realtà tramite il mezzo telefonico, Tomek è da considerare il simbolo vivente dell’incapacità da parte dell’uomo del pur minimo atto d’amore. La sua disturbante condizione di percettore abusivo di uno spicchio di realtà non dovuta non tarderà a rivelare tutta la sua limitatezza a causa di un’errata sinergia tra la forza di una volontà immersa in scelte totalizzanti e la fragilità di una psiche immatura ed abbandonata a sé stessa, con la conseguente assunzione da parte dell’oggetto del suo desiderio di una materialità pari a quella di un’immagine riflessa nel vetro, totalmente priva di consistenza ma pur sempre appesantita da una paralizzante carica erotica in grado di sciogliere virtuali ardori giovanili come neve al sole.
Come al solito Kieslowski riesce ad adattare perfettamente la funzione dei personaggi all’economia della vicenda, avviluppando le sequenze “proibite” in tonalità confluenti nel rosso, dello stesso colore di quella passione che induce alla perpetrazione degli atti impuri proibiti dal sesto comandamento sia Tomek che Magda, seducente trentenne afflitta da manie esibizioniste e tardivi pentimenti, lontana reminiscenza di un’improbabile Maddalena evangelica. Il colore rosso assume una funzione prettamente drammatica e domina completamente la scena, così come nel capitolo finale della trilogia dei colori. Ma mentre in quel caso la sua presenza è stemperata da un senso di distacco e di una presa di posizione scettica nei confronti di coinvolgimenti passionali di qualsiasi tipo, nel Decalogo 6 si avverte a distanza il calore della fiamma che brucia con insistenza fino ad estinguersi all’improvviso al minimo accenno di constatazione della vera natura dell’amore, fuggevole ed aleatoria.
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