Regia di Fulvio Wetzl vedi scheda film
Si può reinventare un linguaggio? Il padovano Fulvio Wetzl, partendo da un giochino chiamato “zipacchiano” con il quale due suoi nipoti si divertivano a non farsi capire dagli adulti, ne è convinto al punto di avere avuto voglia di costruirci sopra il suo terzo film. Dove un bambino viene tenuto fuori dal mondo per alcuni anni e completamente “programmato” dal padre attraverso un glossario di oltre cento pagine in cui verbi, nomi e aggettivi corrispondono ad altri verbi, ad altri nomi e ad altri aggettivi secondo un sistema complicatissimo qui impossibile da riportare. Il soggetto è, dunque, glottotecnicamente originale; così come puntualmente orgogliosa risulta l’intensa interpretazione di Anna Bonaiuto (la psicologa che si occuperà del caso); e simpatica e concentrata la prova del piccolo Andrej Chalimon (già visto in “Kolya”). Convincono meno, per contro, la sceneggiatura, non di rado latitante negli sviluppi dei personaggi; e certi dialoghi poco plausibili (vedi la riunione dei medici). Una pellicola tuttavia consigliabile, con almeno un paio di sequenze che restano, una serie di “neologismi” che s’impongono e un’onestà d’intenti che si fa apprezzare fino in fondo.
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