Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Erin Brockovich è una mamma sola con tre bambini da mantenere; è intelligente, decisa, bella e appariscente; ne ha abbastanza degli uomini. E, invece di cercarsi un altro marito, cerca un lavoro; incappa in un avvocato grasso, ruvido ma di buon cuore e si fa assumere da lui. Comincia come una commedia alla “Una donna in carriera” (dove Erin è una specie di Melanie Griffith più sguaiata) la storia della donna che è riuscita a denunciare e a battere una grande compagnia che, attraverso l’acqua inquinata, aveva avvelenato gli abitanti della zona. Una storia vera che, con il suo finale, non pare vera, trascinata dall’energia di Julia Roberts e dalla simpatia di Albert Finney. Lei è strizzata in minigonne e scollature vertiginose; lui è debordante e non sa scegliere le cravatte: i loro duetti fanno venire in mente l’arguzia di commedie di altri tempi e i loro faccia a faccia con gli avvocati compassati e minimalisti di un grande studio sono pungenti. E (grande merito) le scene giudiziarie sono minime. Manca però la capacità di stringere le ricerche sul campo di Erin, che tendono a ripetersi sempre uguali, e di approfondire altri personaggi. Un po’ a mezza strada tra “Pretty Woman” e “Silkwood”.
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