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Erin Brockovich. Forte come la verità

Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film

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La recensione su Erin Brockovich. Forte come la verità

di Antisistema
5 stelle

Erin Brockovich di Soderbergh (2000) è la classica bufala made in Hollywood che approfittando del contenuto di denuncia civile, maschera la pochezza del prodotto e al contempo riesce a fare incetta di premi su premi arruffianandosi la critica e il consenso del pubblico. Non ho visto molti film di questo regista, ma quel poco visto non è riuscito ad impressionarmi, poiché è un regista Hollywoodiano che tenta di mascherare il conformismo dei suoi film con una presunzione che lungi dall'elevare le sue opere, finisce spesso solo con l'affossarli.

Il regista prende spunto da un caso di cronaca, concernente l'avvelenamento delle acque da parte di una multinazionale che ha contaminato esse con prodotti tossici, i quali hanno avvelenato la gente del posto cagionandole tumori vari. Erin Brockovich (Julia Roberts), segretaria di un ufficio di un avvocato privato di nome Ed Masry (Albert Finney); svolgendo varie indagini si fa' carico della sconcertante scoperta e aiuterà la gente del posto nella battaglia contro la Pacific Gas and Electric Company.

 

 

Il motivo primario per cui viene elogiato questo film, è Julia Roberts capace a detta della critica di un'interpretazione misurata quanto calibrata, mostrando mirabilmente la forza di una donna single alle prese con 3 figli e due matrimoni falliti, che pur non avendo una laurea riesce a farsi strada grazie al suo carattere forte. Premetto che non amo Julia Roberts, la quale è un'attrice poco più che mediocre ed incapace di ritagliarsi in vita sua un ruolo quanto meno decente e credibile. Salita alla ribalta con l'orribile Pretty Woman (1989), l'attrice ha contribuito sfasciare la commedia romantica prendendo parte a pellicole mediocri (salverei giusto il discreto Notting Hill) a cui contribuiva con la sua fastidiosa recitazione costantemente da "diva" vanesia sopra le righe. In questo film "drammatico" la sua recitazione ha subito delle modifiche? Assolutamente no, Julia Roberts è l'eterna attrice di Pretty Woman, e la sua Erin Brockovich non è altro che una Vivian più sboccata e sfacciata del solito, per via dei suoi manierismi nei movimenti ed il suo fastidioso sorriso "borghese" a 32 denti, che lungi dal conferire positività e dolcezza, è solo un gesto che sembra artefatto e falso. 

In sostanza mi ha lasciato freddo, anche se devo ammettere che è meno peggio che in altri film (quando piange per una chiamata in macchina sembra quasi un'attrice), anche se da qui a darle l'oscar ce ne passa (lo spirito di uno dei due fratelli Lumiere avrà fatto puff quando ha saputo della sua vittoria). Non contribuisce alla perfomance del suo personaggio, il fatto che Erin si lamenti di essere perennemente al verde e poi sfoggi a profusione, una quantità enorme di vestiti firmati iper costostosi. L' effetto risulta molto kitsch ed è abbastanza pacchiano; d'altronde una donna in minigonna, stivaletti e vestiti strizzati con tette di fuori, quanto é credibile mentre effettua rilevazioni idrologiche? Per nulla e la fotografia monocolore caldo sparato a mille, dà la sensazione di guardare una pagina di una rivista di moda e non un film di denuncia civile.

 

 

Per il resto il film prosegue tra un'anonima denuncia sociale contro la multinazionale effettuata in modo didascalico, mentre la retorica buonista abbonda a profusione, commuovendo lo spettatore medio americano che si sentirà consolato nella vittoria dei deboli contro i giganti, pensando che le storture sono corrette da ipotetiche forze sane. A tutto questo si aggiunge una regia che non riesce a dare la profondità ad un film, che si perde tra un dramma sensazionalistico con inserti abbondanti di commedia tra Erin ed l' avvocato (personaggio più approndito tra quelli secondari, anche se piatto nella scrittura che lo fa' sin troppo buono), sino a scene più intimiste tra la protagonista e la storia d'amore con un biker inconsueto (Eckarth), che mi sembra una digressione sin troppo invadente in un film di denuncia sociale che scade in tutti i cliché di Hollywood (compresa un'improbabile telefonata minatoria della multinazionale a casa della donna).

 

 

Enormi incassi e ben 6 nomination agli Oscar tra cui miglior film e regia. Julia Roberts vincerà il suo oscar (per chi fosse interessato l'anima del secondo Lumiere scomparirà con la vittoria della Bullock con Blind Side), mentre Albert Finney nominato come non protagonista, non riuscirà a concretizzare la sua candidatura subendo la quinta sconfitta (l'attore non partecipò alla notte degli oscar come le altre quattro volte precedenti, sintomo della scarsa considerazione che ha contro tale vetusta istituzione e in generale per la sua avversione contro i premi), ma recitando ottimamente poiché dà vita alla perfomance più riuscita, mimetica, calibrata e azzeccata del film, nonostante il ruolo avesse pecche in fase di scrittura, in poche parole asfalta Julia Roberts e per questo motivo non ha vinto; vabbè signor Albert Finney per quel che può valere, lei ha la mia stima più sincera perché anche da anziano, lei resta uno dei 5 più grandi attori cinematografici inglesi di sempre. 

Consigliato? Per me è un filmetto accademy friendly piatto e al contempo falso e ipocrita come la storia vera da cui prende spunto, visto che si è scoperto qualche anno fa' essere stata gonfiata ed esagerata nei numeri;  tra l'altro la nostra cara e disinteressata Erin con i 2 milioni del compenso, s'è fatta un bel villone da paura... mi ricorda certa classe politica nostrana e non.

 

 

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