Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Sontuosi e antichi palazzi, magnifici paesaggi naturali, raffinate bellezze femminili: Hitchcock imbocca la strada maestra dello splendore cinematografico, ma poi decide di inerpicarsi su per gli impervi sentieri di uno psicologismo che, se per un tratto alimenta la suspense, alla fine, però, la demolisce, consegnandone i cocci ad una stucchevolezza da fotoromanzo. Le indagini, il processo e le vicende private di contorno seguono le approssimative leggi dell'infatuazione amorosa, che una sceneggiatura dalla mano pesante pone forzatamente all'origine di sanguinosi crimini, gesti nobili e profondi dilemmi. La povertà della trama non offre, al timbro del melodramma, un supporto sufficientemente robusto: il tessuto scivola via di continuo, sotto gli acuti sentimentali, i colpi di scena, i picchi di tensione, facendo sfumare ogni accento in un'eco priva di energia. L'aura divistica della coppia Peck-Valli conferisce al film il classico lustro posticcio che maschera la scarsità di idee e l'imperare degli stereotipi, in una confezione hollywoodiana che fa quasi pensare ad un'opera di Matarazzo ridipinta con una vernice di qualità. Il tocco di Hitchcock è pure presente e ben visibile, in quel piglio autoriale che si manifesta nell'amore per i personaggi, nella sensibilità per le dinamiche narrative, nelle inquadrature "fatte col cuore"; però, purtroppo, questa appassionata cura rivolta all'aspetto tecnico non arriva mai ad investire la sostanza, che rimane friabile e insapore, consumata dalla disperata ricerca di un'anima, di un significato coerente e interessante. Il caso Paradine, più che un film hitchcockiano, sembra l'intensa espressione del desiderio di esserlo: è la testimonianza di uno sforzo, di un'aspirazione, ed è, forse proprio per questa sua condizione di inappagata incompiutezza, un deferente omaggio ad una grandezza difficile da raggiungere.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta