Regia di Damiano Damiani vedi scheda film
Non è stato tanto fortunato Alberto Moravia col cinema. Generalmente, gli adattamenti filmici dei suoi romanzi hanno sempre più o meno deluso (ad eccezione, forse, de La romana e La ciociara). La trasposizione del suo romanzo più sensuale non fa eccezione: se dal punto di vista formale non può che reputarsi certamente corretto e diligente nell’esplicazione apparente, da quello più profondamente psicologico si limita ad un’analisi superficiale. Il rischio che corre questa Noia è quello di risultare più che un film noioso, un film annoiato: e se potrebbe, da un lato, giovare una certa atmosfera scoraggiata e sottilmente disperata, dall’altro non si può non notare che la noia che l’attraversa non è voluta o fisiologica, ma derivata da una messinscena che si affida un po’ troppo alla pagina scritta e non osa abbastanza. Così com’è, La noia ha la consistenza di un raccontino sciapito che spolpa Moravia e la sua dimensione esistenziale. È un raccontino ben fatto nel suo sviluppo esteriore, ma resta un raccontino. E la scelta dei protagonisti veicola proprio nella realizzazione di un’opera basata sull’involucro più che sull’interno: Horst Buchholz e Catherine Spaak sono belli ma non adeguatissimi (ma la scena dei soldi è da antologia per la sua tristezza erotica), Bette Davis gigioneggia estremamente, Georges Wilson è una presenza inquieta, Lea Padovani è un po’ imprigionata in un ruolo nevrastenico e Isa Miranda sprecata.
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