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Philosophy of a Knife

Regia di Andrey Iskanov vedi scheda film

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La recensione su Philosophy of a Knife

di undying
8 stelle

Agghiacciante insieme di violenze ai danni di prigionieri di guerra (in prevalenza cinesi e russi), compiute nel famigerato centro di ricerca batteriologica giapponese noto come Unità 731 (1936 - 1945). Via di mezzo tra documentario e sfacciato exploitation ultra splatter, inadatto a un pubblico impreparato al peggior "spettacolo".

 

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Nei primi decenni del XX° secolo il Giappone è coinvolto in diversi conflitti, trovandosi spesso in guerra specialmente contro Cina e Russia. Verso la metà degli Anni '30 per tentare di stare al passo con gli avversari, dato che Germania e Russia figuravano essere all'avanguardia con nuove e potenzialmente più devastanti armi batteriologiche, al generale Shiro Ishii viene dato l'incarico di gestire un programma di armamento biologico, necessario per rinforzare il potenziale bellico dell'Impero giapponese. Così nella città di Pingfan, distretto di Harbin (Manciuria), durante il 1936 viene edificata la struttura di ricerca (medico-militare) nota come Unità 731, al cui vertice di comando trova posto lo stesso Ishii. L'attività dell'organizzazione resterà segreta sino ad oltre il 1945, quando il Giappone viene sconfitto nella Seconda guerra mondiale e devastato dall'atomica sganciata su Hiroshima dal bombardiere Enola Gay. Quel "centro di ricerca" si scopre essere stato peggiore di un lager: disadattati, disertori, prigionieri di guerra russi e cinesi venivano tenuti segregati, contrassegnati con numeri e soprannominati Maruta (tronco di legno).

 

"La morte fa sempre più domande di quante risposte fornisca. Per esempio, che cambiamenti avvengono in un organo umano se gli si inietta aria nelle vene? Che processi iniziano con l'embolia o l'iniezione di urine o sangue di cavallo nelle reni? Quanto tempo si impiega a morire dopo che i polmoni vengono riempiti di fumo o fosforo?".

 

A queste terribili domande avrebbero dovuto dare risposta proprio i reclusi con la loro agonia, subendo allucinanti esperimenti (di fatto vere e proprie torture), suddivisi per categoria di test.

 

"In media ogni due giorni venivano utilizzate tre persone per esperimenti medici. I prigionieri venivano tenuti a digiuno, i loro corpi essiccati mediante flussi d'aria. Ustionati con acqua bollente, fulminati o ricevevano trasfusione di sangue animale, in genere di cavallo. Venivano torturati con acqua, gelo e fuoco. Tutti questi esperimenti avevano il valore pratico di raccogliere informazioni sulle reazioni del corpo umano e sulle sue limitazioni in situazioni estreme. I corpi di chi moriva durante gli esperimenti venivano cremati. Continuava incessantemente la coltivazione di batteri: ogni mese si producevano 400 kg di batterio della peste; 600 kg di antrace; 900 kg di dissenteria; una tonnellata di colera."

 

"Tutti gli eventi di questo film sono realmente accaduti e accuratamente ricreati con lo studio di materiale d'archivio, prove di contenziosi e ricordi di testimoni oculari. La maggior parte del materiale concernente l'unità giapponese 731 è stata distrutta o persa per sempre. Questo film è una rappresentazione artistica degli eventi conosciuti riguardo l'unità 731."

 

"Questo film è dedicato a tutte le vittime di guerra conosciute e sconosciute. Sia ai carnefici che alle loro vittime."

(Didascalie iniziali)

 

scena

Philosophy of a Knife (2008): scena

 

Tra ricostruzioni filmate, foto e video dell'epoca, Philosophy of a Knife procede in due tempi (disponibile su Chili solo la prima parte) superando abbondantemente le 4 ore, prediligendo un aspetto spettacolare, letteralmente viscerale, rispetto al documentario. Anatoly Protasov, in qualità di testimone, interviene commentando la storia dell'Unità 731, concentrandosi in particolare su come i criminali di guerra (Ishii per primo) siano riusciti a farla franca. Produce, scrive, dirige (a Khabarovsk, tra il 2004 e il 2008) e si occupa degli sconvolgenti effetti speciali il russo Andrej Iskanov, autore che limita la parte documentaristica confinandola ai soli ultimi quaranta minuti. Molto male accolto dalla critica per il suo contenuto estremo (ricostruito sulla base di foto che saltuariamente vengono intercalate alla finzione), Philosophy of a Knife propone una lunga serie di atrocità (filmate in bianco e nero) messe in scena con insistenza e dettagliate devastazioni anatomiche. Lo stile del regista, consolidato nelle precedenti opere (Nails e Visions of Suffering), emerge sia nel disinvolto approccio allo splatter (per certi versi inadatto trattandosi di fatti realmente accaduti), sia nell'utilizzo incessante di una colonna sonora contrastante composta dalle romantiche vocalità di Manoush (anche interprete nel ruolo di infermiera parzialmente dubbiosa del suo operato) alternate a sonorità inquietanti, opera di Alexander Shevchenko. Un film angosciante, crudissimo, crudele nei confronti dello spettatore sprovveduto, ma a suo modo esemplare rappresentante della bassezza morale cui può giungere la razza umana, composta da individui capaci di tormentare - con l'appiglio di giustificazioni pretestuose - senza alcuna pietà i propri simili. Nel trattare questo straziante argomento Andrey Iskanov è stato anticipato da Tun Fei Mou, autore di Hei tai yang 731 (Men Behind the Sun, 1988) e da Godfrey Ho (regista del seguito, Men Behind the Sun 2: Laboratory of the Devil, 1992): due predecessori che tuttavia non fanno testo in un ipotetico confronto sul contenuto gore.

 

scena

Philosophy of a Knife (2008): scena

 

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Philosophy of a Knife: scena 

 

"Bisogna trattare il corpo con una certa durezza, affinché non si ribelli o si faccia insolente, ma in modo tale da consentirgli di prestare il suo servizio, poiché è proprio per servire allo spirito che esso ci è stato dato."

(Guglielmo di Saint-Thierry)

 

Trailer 

 

F.P. 19/11/2023 - Versione visionata in lingua inglese e russa (durate: Philosophy of a Knife parte 1, 128'03"; Philosophy of a Knife parte 2, 132'25" - totale 260'28")

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