Regia di Jennifer Harrington vedi scheda film
Thriller ambientato tra quattro mura con insistente, invadente e persistente presenza di componenti elettronici (smartphone, laptop, desktop e altri sofisticati apparecchi in grado di operare con Intelligenza Artificiale). Ossessivo e monotematico, finisce per supportare la miseria che sta dietro ai falsi profili dei social network.
Mentre la sorella Jade (Stephanie Simbari), gravemente ammalata, si allontana da casa per effettuare degli esami medici, la star dei social media Mia (Daisye Tutor) si prende cura del cane Chico. A partite da quel momento diventa però anche l'obiettivo di una campagna di terrore online, apparentemente opera del vicino Kellan (Grant Rosenmeyer): per evitare che venga fatto del male ai suoi migliori amici, deve infatti risolvere una serie di allucinanti enigmi e fare dolorose scelte. In realtà a manovrare il perverso e sadico gioco è una persona insospettabile, non meno delle sue deliranti motivazioni.
Da una storia di Alesia Glidewell, Jennifer Harrington - con già all'attivo una prima regia (Housekeeping, 2015) - torna a dirigere un thriller ispirata fortemente da Saw (James Wan, 2004), con in più le buone intenzioni di mettere in rilievo uno degli effetti più deleteri provocati dalla tecnologia, ovvero l'assuefazione e l'effetto straniante dei social network, ambienti virtuali che hanno preso il sopravvento sulla realtà per molte, troppe, giovani ragazze ossessionate dalla mania dei followers e delle visualizzazioni online dei loro profili, nonché dei likes lasciati a foto, video e posts (sempre più spesso demenziali). Intenzione anche apprezzabile, se non fosse che finisce per assecondare quel mondo mettendo in scena esclusivamente PC portatili, smart(?)phone e una centrale elettronica operativa (chiamata Diana), alla quale viene persino deputato il compito, tramite comandi vocali, di accendere la luce negli ambienti domestici. Così che l'essere umano, di questo passo, tra qualche anno non sarà nemmeno più in grado di premere un pulsante.
La Harrington realizza brutte sequenze in questo ambiente surreale ed eccessivamente tecnologico, infarcisce le scene di logorroici e iperveloci dialoghi tristissimi (nel senso di infantilmente narcisistici), ossessionanti chat (con frasi su cellulare, su desktop e proiettati alle spalle della protagonista), snervanti "bip" (ovvero la suoneria irritante dei messaggi) e squilli di cellulare. "You've a new follower, you've a new friend, you've a new message, Incoming call, Missing call" e via di scemenze digitali e futuristiche che fanno rimpiangere l'età della pietra. A cosa ci ha portato il progresso se anche per raccontare una (non) storia ci siamo ridotti a mettere in scena personaggi incomprensibili e alienati, che agiscono come automi per ottenere visibilità in un mondo virtuale costituito da velicissimi ed effimeri byte? Shook è un esempio eclatante in questo senso e non è certo la svolta "moralista e idealista" dell'ultima mezz'ora a rendere più interessante il film. Si salva solo l'eccellente colonna sonora, opera degli "Italians do it better" (complesso fondato nel 2006 da Johnny Jewel e Mike Simonetti), decisamente sprecata in questa brutta opera che sprofonda, a spirale, nel delirio irrazionale della supponenza. Di chi vuole porsi sopra alla media (ritenendosi migliore) criticando magari un comportamento asociale e psicopatologico (l'assuefazione incondizionata da internet e dai social network), finendo per abbracciarne in pieno tutti gli svilenti limiti e i peggiori difetti.
Colonna sonora di Shook
Assolutamente memorabile l'OST di Shook, con i seguenti brani tutti attribuibili alla label "Italians do it better", indicati in ordine cronologico di apparizione nel film:
- The maze
Girls just wanna have some (Italians do It better)
"Siamo tutti online ma non connessi.” (Aran Cosentino)
Trailer
F.P. 24/02/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 88'59") - Data del rilascio internazionale, Italia esclusa (streaming): 18/02/2021
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