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Il Divin Codino

Regia di Letizia Lamartire vedi scheda film

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La recensione su Il Divin Codino

di mm40
2 stelle

La carriera, e la vita fuori dal campo, di uno dei calciatori italiani più forti e più amati di sempre: Roberto Baggio.


Oggettivamente troppo presto. Non è difficile: è impossibile fare un film di fiction su Roberto Baggio – per quanto monumentale sia stata la sua figura di sportivo – ad appena una quindicina di anni dal ritiro del 'Divin codino' dal calcio. Quando ancora la stragrande maggioranza dei personaggi del film sono ancora vivi e non solo: sono sotto gli occhi del pubblico con cadenza pressoché quotidiana (Ancelotti, Sacchi, Trapattoni, Mazzone...). Ma questa non è neppure la pecca principale del film, che racconta in maniera iperbolica, lavorando quasi esclusivamente di retorica e di pathos, la vicenda sportiva e umana di un campione amato quanto pochi altri in Italia. La sceneggiatura di Ludovica Rampoldi e di Stefano Sardo, approvata dallo stesso Baggio, salta infatti continuamente di palo in frasca, raccontando per sommi capi – scelti in maniera totalmente arbitraria – una storia all'incirca ventennale che copre l'intero arco della carriera professionistica di Roberto Baggio. Naturale: qualcosa va espunto. Ma in questo lavoro mancano il leggendario mondiale italiano del 1990 e quello del 1998, mancano le parabole juventina, milanista, interista e bolognese del giocatore, manca persino la spiegazione del nomignolo da cui proviene il titolo del film; in compenso si calca continuamente la mano sugli infortuni (è vero: Baggio ne ha purtroppo avuti tanti, ma sarebbe stato più bello vederlo giocare, che vederlo in infermeria), sul buddismo e sul rapporto con il padre. La sensazione è che si sia voluto dare in pasto agli spettatori un prodotto facile da consumare, pop nella forma e gravido di buoni sentimenti, tanto è vero che il finale si chiude in maniera così lacrimevole da spingerti a controllare su Wikipedia se Baggio sia ancora vivo. Indubbiamente una leggenda simile del calcio italiano e mondiale avrebbe meritato di meglio; non meraviglia che lo stesso giocatore abbia dichiarato di aver pianto guardando Il divin codino: non è l'unico. Andrea Arcangeli fa il possibile per imitare anche fisicamente il celebre numero dieci, che però è effettivamente troppo celebre (e troppo presente nell'immaginario collettivo) per poter essere rappresentato sullo schermo in maniera credibile; nel cast anche Valentina Bellé, Antonio Zavatteri e Thomas Trabacchi, mentre a un certo punto dal nulla spunta fuori pure Martufello: è Carletto Mazzone. Inutile aggiungere altro. 2/10.

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